venerdì 22 Agosto 2025
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Madri per la Pace: Ricostruire un Futuro di Speranza

“Nei luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi,” versi colti dalla poetica disincantata di Eliot in “La Rocca”, fungono da titolo emblematico per l’edizione 2025 del Meeting di Rimini.

La scelta non è casuale, ma evoca l’imperativo di ricostruire, di edificare un futuro a partire dalle macerie lasciate dai conflitti, un’operazione complessa e faticosa, che richiede una radicale trasformazione di prospettive e di azioni.
Il primo appuntamento del Meeting, intitolato “Madri per la Pace”, si è aperto con una testimonianza di straordinaria potenza emotiva e spirituale: l’incontro tra Layla al-Sheik, madre palestinese di Betlemme, straziata dalla perdita del piccolo Qusay durante la seconda Intifada, ed Elana Kaminka, madre israeliana che ha subito l’indicibile dolore della perdita del figlio Yannai, caduto il 7 ottobre 2023.
Due figure, due storie profondamente diverse, accomunate da un dolore universale, dal lutto per un figlio spezzato dalla violenza di una terra martoriata.

La scena è stata arricchita dalla presenza di Azezet Habtezghi Kidane, Suor Aziza, religiosa comboniana eritrea che per anni ha operato in Israele e in Palestina, testimone privilegiata delle dinamiche intricate e spesso imperscrutabili di un conflitto secolare.

La sua figura rappresenta un ponte, un tentativo di dialogo tra culture e religioni spesso percepite come inconciliabili.

Lungi dall’essere un semplice incontro di cordoglio, l’evento si è configurato come un atto di resistenza contro la spirale di vendetta e di odio che alimenta la guerra in Medio Oriente.
Le madri, figure archetipiche di cura e di speranza, hanno incarnato la possibilità di trascendere il dolore personale per abbracciare un percorso di riconciliazione.
Il loro coraggio, la loro capacità di trasformare la perdita in un messaggio di pace, offrono un raro esempio di umanità di fronte all’orrore.
La scelta di questo tema per il Meeting di Rimini sottolinea l’importanza di dare voce a chi è marginalizzato, a chi è direttamente colpito dalla violenza, a chi porta con sé la memoria del dolore e la speranza di un futuro migliore.

“Costruire con mattoni nuovi” non è solo una metafora poetica, ma un invito all’azione, un appello a ricostruire non solo le infrastrutture distrutte, ma anche i ponti di comprensione e di fiducia tra popoli e culture che si vedono reciprocamente come nemici.

È un’affermazione che riconosce la fragilità della pace e l’urgenza di coltivarla attivamente, un mattone alla volta, a partire dalla forza di chi ha subito la perdita più grande.

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