L’illusione di un potere geopolitico derivante unicamente dalla forza del mercato interno europeo, un’idea a lungo coltivata nelle strategie dell’Unione, ha subito un brusco arresto quest’anno.
La constatazione, espressa con lucidità dall’ex Presidente del Consiglio Draghi nel suo intervento al Meeting di Rimini, segna un punto di svolta nella comprensione del ruolo dell’Europa nel panorama internazionale.
Per decenni, la dimensione economica, con i suoi 450 milioni di consumatori, è stata considerata il motore di un’influenza globale, un’arma potente nella negoziazione di accordi commerciali e nell’affermazione degli interessi europei.
Tuttavia, gli eventi recenti – l’imposizione di dazi da parte degli Stati Uniti, un partner commerciale primario e storico – hanno svelato la fragilità di questa visione.
Non si tratta semplicemente di una questione commerciale; è la rivelazione di un’asimmetria di potere che l’Europa non aveva pienamente compreso.
L’urgenza imposta dagli Stati Uniti a incrementare la spesa militare, benché forse legittima alla luce delle mutate dinamiche di sicurezza globale, sottolinea ulteriormente la dipendenza europea da fattori esterni e la limitata capacità di definire autonomamente la propria agenda di difesa.
Questa pressione, che ha accelerato un processo necessario, ha imposto ritmi e modalità che potrebbero non coincidere pienamente con la visione strategica europea, sollevando interrogativi sulla capacità dell’UE di perseguire una politica di sicurezza indipendente e coerente.
La questione centrale non è negare l’importanza del mercato interno, bensì riconoscere che il potere economico, da solo, non garantisce influenza geopolitica.
L’Europa deve comprendere che la prosperità economica è un presupposto, ma non una sufficiente condizione, per affermare un ruolo di leadership internazionale.
Per recuperare terreno, l’Unione deve sviluppare una maggiore autonomia strategica, rafforzando la sua capacità di agire in modo indipendente, anche in disaccordo con i suoi partner.
Ciò implica una politica estera più assertiva, una maggiore capacità di proiezione del suo potere economico e militare, e un rinnovato impegno per la ricerca di soluzioni multilaterali che riflettano i suoi valori e interessi.
La riflessione di Draghi non è solo una constatazione amara, ma un monito e un invito all’azione per un’Europa più consapevole della sua posizione nel mondo e più determinata a definire il proprio futuro.