Un’onda di crescente disaffezione serpeggia attraverso la società israeliana, come emerge da un recente sondaggio del quotidiano Maariv.
I risultati, elaborati da Menachem Lazar e Panel4All tra il 20 e il 21 agosto con un campione di 509 individui e un margine di errore del 4,4%, delineano un quadro di profonda incertezza e una palpabile erosione della fiducia nel governo guidato da Benjamin Netanyahu.
Il dato più significativo è senza dubbio la percezione diffusa, condivisa da un impressionante 62% degli intervistati, secondo cui l’esecutivo ha perso la credibilità e il sostegno popolare.
Questo dato, a prescindere dall’orientamento politico espresso nelle precedenti elezioni, segnala un allargamento del divario tra il governo e la cittadinanza, un fenomeno che trascende le divisioni ideologiche e riflette una disillusione più profonda.
Il mero 27% degli intervistati esprime ancora fiducia nel governo, una cifra che denota un significativo deterioramento del consenso politico rispetto al passato.
L’incertezza, rappresentata dall’11% degli intervistati, non annulla il trend negativo, ma ne sottolinea la complessità.
L’urgenza della liberazione degli ostaggi, questione centrale nel dibattito pubblico israeliano, emerge con chiarezza nelle risposte.
La pressione per un accordo immediato, anche con compromessi, è fortissima: un quarto degli intervistati (26%) ritiene che la priorità assoluta sia il ritorno a casa degli ostaggi, a prescindere dalle implicazioni politiche o strategiche.
Questa posizione riflette una crescente preoccupazione per le condizioni di detenzione, che si presume siano in continuo peggioramento, e una volontà di accettare concessioni per alleviare la sofferenza umana.
Parallelamente, un segmento rilevante della popolazione (46%) sostiene la necessità di un accordo globale, che includa la cessazione delle ostilità a Gaza, indicando una crescente consapevolezza della necessità di una soluzione politica duratura, anche se ciò dovesse comportare difficili compromessi.
Questa visione, sebbene non dominante, rivela un desiderio di porre fine al conflitto e di guardare al futuro con maggiore sicurezza.
Tuttavia, una minoranza, pari al 18%, si oppone a qualsiasi accordo che possa compromettere la capacità dell’esercito israeliano di sconfiggere Hamas, manifestando una visione più intransigente e una priorità assoluta alla sicurezza nazionale, anche a costo di sacrificare la vita degli ostaggi.
Il restante 10% si dichiara indeciso, sottolineando la polarizzazione del dibattito e la difficoltà di prendere una posizione chiara.
In sintesi, il sondaggio Maariv offre uno spaccato complesso e preoccupante della situazione politica e sociale in Israele.
La perdita di fiducia nel governo, la pressione per la liberazione degli ostaggi e la polarizzazione delle opinioni riflettono un profondo senso di incertezza e una necessità urgente di riconciliazione e di una nuova strategia per affrontare le sfide che il paese si trova ad affrontare.
I dati suggeriscono un’opinione pubblica in fermento, alla ricerca di risposte e desiderosa di un futuro più pacifico e sicuro.