lunedì 8 Settembre 2025
18.5 C
Rome

Saviano e Grossman: la bontà, ultima resistenza

Il Festivaletteratura di Mantova, palcoscenico di riflessioni e incontri letterari, ha visto recentemente un momento di profonda introspezione con Roberto Saviano, figura pubblica complessa e spesso al centro del dibattito.

Durante un dialogo con Teresa Ciabatti, Saviano ha espresso un pensiero che si discosta dalla consueta narrazione che lo accompagna, confessando una fiducia nella bontà, un’àncora che lo lega al capolavoro di Vasilij Grossman, *Vita e destino*.
La sua affermazione non va intesa come una dichiarazione ingenua o idealistica, ma piuttosto come una risposta al disincanto generato dalle promesse non mantenute della giustizia, un’amara constatazione della distanza tra l’aspirazione all’equità e la realtà spesso distorta dai meccanismi del potere.
La giustizia, intesa come sistema di equità e riparazione, si rivela fragile, soggetta a manipolazioni e compromessi che la svuotano del suo significato intrinseco.

La bontà, al contrario, si presenta come un’esperienza immediata, un sentimento palpabile che si manifesta nelle azioni quotidiane, nelle relazioni umane, nella capacità di compassione e di empatia.

Non è un concetto astratto da definire o da misurare con criteri scientifici, ma una forza vitale che emana dall’essere umano quando sceglie di agire con generosità e altruismo.
Grossman, con la sua opera monumentale, ci offre una prospettiva ancora più profonda.
*Vita e destino*, ambientato sullo sfondo del secondo conflitto mondiale e delle atrocità del regime nazista, non offre una risposta univoca alla questione della giustizia.

Mostra come la retorica ideologica possa corrompere anche le menti più illuminate, conducendo a crimini inauditi.

Ma, parallelamente, evidenzia la capacità umana di resistere, di mantenere viva la speranza, di preservare la propria umanità anche nelle condizioni più estreme.
Per Grossman, la bontà non è un tratto innato, una costante che definisce l’individuo.

È una scelta, un atto di volontà che si compie di fronte alle avversità.
È ciò che rimane, ciò che trascende le ideologie, le paure, le ambizioni personali.
È la testimonianza silenziosa dell’umanità che si oppone al male, anche quando il male sembra invincibile.
L’affermazione di Saviano, quindi, non è una semplice ripresa di un concetto letterario, ma una riflessione sul significato dell’esistenza di fronte alla complessità del mondo contemporaneo.
È un invito a riscoprire la bontà come bussola morale, come fonte di speranza in un’epoca segnata dalla violenza, dall’ingiustizia e dalla disillusione.
È un’esortazione a non cedere alla rassegnazione, ma a continuare a credere nella possibilità di un futuro migliore, fondato sui valori dell’umanità e della compassione.
La bontà, in definitiva, è l’ultima resistenza, la promessa di un’alba dopo la notte più buia.

- pubblicità -
- pubblicità -
- pubblicità -
- pubblicità -