La Procura della Repubblica di Firenze ha avviato un’indagine preliminare, formalmente un fascicolo per omicidio colposo, in seguito al ritrovamento del corpo senza vita di una detenuta rumena di 26 anni all’interno del carcere di Sollicciano.
L’inchiesta, attualmente priva di persone indagate, mira a ricostruire le circostanze e le dinamiche che hanno portato al tragico evento, con un’attenzione particolare alle condizioni ambientali e psicologiche in cui la giovane donna si trovava.
La magistrata Ester Nocera, titolare dell’indagine, ha disposto l’intervento della polizia scientifica per effettuare un’accurata analisi della cella, al fine di raccogliere ogni elemento utile a chiarire l’accaduto.
Si stanno valutando aspetti legati alla sicurezza strutturale della cella, alla disponibilità di oggetti che potrebbero aver concorso al suicidio e, soprattutto, al quadro generale del contesto carcerario in cui la detenuta era ristretta.
La storia della giovane rumena è complessa.
Nel mese di aprile, era stata condannata in primo grado, con rito abbreviato, a una pena di quattro anni e otto mesi di reclusione per l’aggressione a un anziano di 91 anni, avvenuta in un palazzo situato in Via Maso Finiguerra, cuore del centro storico fiorentino.
La sentenza, pur essendo inappellabile, non risultava ancora definitiva, una circostanza che solleva interrogativi sulla gestione del percorso giudiziario e sulla potenziale influenza che incertezze di questo tipo possono avere sul benessere psicologico del detenuto.
La mancanza di legami familiari a Firenze rappresenta un fattore aggravante, poiché la giovane donna si trovava in una situazione di profonda marginalità sociale.
L’applicazione della misura cautelare in carcere, in attesa della definitiva sentenza, pone interrogativi cruciali sulla ponderatezza delle decisioni prese, considerando la delicatezza della situazione personale e la potenziale necessità di alternative meno drastiche.
L’indagine si concentrerà quindi sulla verifica del regime di sorveglianza, sulla valutazione delle dinamiche relazionali all’interno del carcere, e sull’analisi delle possibili criticità del sistema assistenziale rivolto ai detenuti stranieri, spesso privi di reti di supporto sociale e particolarmente vulnerabili a problematiche di salute mentale.
Si prenderà in esame l’eventuale presenza di segnali di disagio preesistenti, non rilevati o non adeguatamente gestiti, e si verificherà la conformità delle procedure operative rispetto alle normative vigenti in materia di prevenzione del suicidio in ambiente carcerario.
L’obiettivo ultimo è quello di comprendere se e come, con azioni correttive e miglioramenti strutturali, si possa evitare il ripetersi di simili tragedie.