mercoledì 10 Settembre 2025
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De André canta De André: un grido di pace da Pescara

Il sipario sul Festival Dannunziano di Pescara si è alzo e poi calato con un’eco potente, ben oltre la mera conclusione di una rassegna artistica.
Cristiano De André, erede musicale di un patrimonio intellettuale inestimabile, ha trasformato l’evento in un atto di testimonianza, un grido di compassione e un invito alla riflessione sulla condizione umana.
Il concerto, intitolato “De Andrè canta De Andrè”, ha rappresentato un’immersione nel catalogo di Fabrizio De André, riproposto con una sensibilità contemporanea che ne ha esaltato la forza profetica e la struggente attualità.
Lungi dall’essere una semplice esecuzione di brani, la performance è stata un vero e proprio dialogo intergenerazionale, un ponte tra il genio del padre e la coscienza del figlio.
Cristiano De André, polistrumentista di rara maestria, ha non solo reinterpretato i classici, come “Fiume Sand Creek” e “La collina”, ma li ha infusi di una nuova linfa vitale, rivelandone la perenne capacità di intercettare le ansie e le speranze del nostro tempo.

Il pubblico, partecipe e commosso, ha risentito in ogni nota la profonda connessione emotiva che lega l’artista alla sua eredità.
Ma è stato l’atto di denuncia, l’esplicito appello alla solidarietà per il popolo palestinese, a segnare profondamente la serata.
Un momento di silenzio, invocato con intensa emozione, è stato seguito dall’esibizione di una bandiera simbolo di lotta e di speranza.
L’atto, apparentemente semplice, ha generato un’onda di consenso, un abbraccio collettivo in segno di disapprovazione per le tragedie che affliggono la regione.
Queste parole, pronunciate con sincerità, hanno risuonato come un monito, un invito a non rimanere indifferenti di fronte alle ingiustizie.
Il presidente del Consiglio regionale d’Abruzzo, Lorenzo Sospiri, ha giustamente sottolineato come il festival, dedicato a un poeta, dovesse concludersi con le parole di un altro poeta, evidenziando la centralità della poesia come strumento di coscienza e di cambiamento.
La standing ovation finale, un fragoroso “Grazie!”, ha sintetizzato l’apprezzamento per un artista che ha saputo coniugare la potenza della musica con l’impegno civile, lasciando un’impronta indelebile nella memoria del pubblico e aprendo uno spiraglio di speranza in un mondo segnato da conflitti e sofferenze.
Il concerto non è stato solo un omaggio a Fabrizio De André, ma un atto di ribellione, un invito all’umanità di guardare oltre, di ascoltare le voci silenziate e di lottare per un futuro di pace e giustizia.

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