“Volga Blues: Ritratti dall’Anima della Russia” apre le sue porte alla galleria d’arte DeSpirt Studio di Pordenone, venerdì 12 settembre alle 18:30, inaugurando una mostra fotografica che trascende il semplice reportage per divenire una profonda immersione nell’identità russa contemporanea.
L’opera di Alessandro Cosmelli, fotografo documentarista di origini italo-americane, non è una cronaca superficiale, bensì un viaggio introspettivo lungo il Volga, il fiume madre che scorre attraverso paesaggi di contrasti laceranti: dall’arcaica ruralità alle metropoli tentacolari, dalle steppe infinite alle dismesse fabbriche, dalle case tradizionali delle Izbe alle vestigia di un’epoca sovietica ormai dissolta, ma ancora viva nel subconscio collettivo.
Le immagini di Cosmelli, frutto di un’esperienza maturata in oltre cinquanta paesi e negli Stati Uniti, attraverso le amministrazioni Obama, Trump e Biden, catturano l’essenza di una nazione sospesa tra memoria e futuro, tra la resilienza del suo popolo e la pesantezza di un presente geopolitico complesso.
L’atmosfera che permea la mostra è quella di un “blues lacerante e malinconico”, una costante vibrazione di guerra percepita non attraverso immagini di conflitto diretto, ma attraverso la desolazione che si annida negli sguardi, negli ambienti, nei dettagli apparentemente insignificanti.
Il progetto Volga Blues, realizzato in collaborazione con il giornalista Marzio G.
Mian, si configura come un’indagine corale, un tentativo di comprendere la Russia profonda al di là delle narrazioni ufficiali e delle semplificazioni mediatiche.
Il libro omonimo, pubblicato da Feltrinelli/Gramma, e la mostra fotografica che ne è derivata, rappresentano una testimonianza unica, un documento internazionale inedito sulla Russia post-conflitto in Ucraina, tanto da meritare la candidatura al prestigioso Premio Pulitzer del 2025 e ottenere una significativa copertura su Harper’s Magazine.
Cosmelli non si limita a documentare; egli dialoga con lo spazio e il tempo dei suoi soggetti, lasciandosi permeare dalla loro esperienza.
La sua fotografia è un atto di pudore, un tentativo di restituire l’umanità che risiede al di là delle etichette e dei pregiudizi, un’eco dell’angoscia condivisa, un grido silente che risuona nell’anima del nostro tempo.
La mostra si propone come un invito alla riflessione, un’occasione per confrontarsi con la complessità di una nazione e con le fragilità dell’esistenza umana.