Un’onda di incertezza si abbatte sull’economia umbra, in particolare sul tessuto delle imprese fornitrici di dispositivi sanitari, mettendo a serio rischio l’occupazione e la continuità delle forniture essenziali.
L’allarme, lanciato da Asfo, l’Associazione dei Fornitori Ospedalieri, in stretta collaborazione con Confcommercio, solleva una questione di cruciale importanza per il sistema sanitario regionale e per la stabilità di un comparto produttivo prevalentemente costituito da piccole e medie imprese (PMI).
Il fulcro della problematica risiede nel meccanismo del “payback” sui dispositivi medici, un dispositivo di politica sanitaria volto a contenere la spesa pubblica.
In caso di sforamento dei limiti di spesa annuale stabiliti a livello regionale, le aziende fornitrici di dispositivi sanitari sono chiamate a contribuire al riequilibrio del bilancio.
Sebbene concepito come misura di contenimento, questo meccanismo, nella sua attuale formulazione, sta generando effetti distorsivi e penalizzanti, soprattutto per le PMI che costituiscono il 95% del settore.
Nonostante le proposte avanzate in precedenza durante i negoziati con il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), le istanze provenienti dal mondo delle imprese sono rimaste inascoltate.
Questo atteggiamento, secondo Paolo Palombi, presidente di Asfo Umbria, rivela una preoccupante mancanza di sensibilità verso le esigenze di un settore vitale per l’economia regionale.
L’impossibilità di sostenere l’esborso richiesto rischia di compromettere la sostenibilità finanziaria di numerose realtà imprenditoriali, con conseguenze dirette sulla tutela dei posti di lavoro e sulla capacità di garantire la fornitura di beni essenziali.
La situazione è ulteriormente aggravata dalla recente entrata in vigore della normativa relativa ai finanziamenti garantiti, avvenuta solo il 10 agosto.
Questa tempistica sfalsata, unita alla chiusura di molti istituti di credito, ha reso ancora più difficoltoso per le aziende l’accesso a liquidità necessaria per far fronte agli obblighi finanziari.
L’associazione teme che le ripercussioni più gravi ricadano direttamente sui cittadini.
Un eventuale blocco o rallentamento nelle forniture di dispositivi medici, dalle garze ai dispositivi salvavita, comprometterebbe la qualità dell’assistenza sanitaria e potrebbe generare costi ancora più elevati nel lungo periodo.
La progressiva riduzione del numero di fornitori, con la concentrazione del mercato nelle mani di poche grandi aziende e multinazionali, rischierebbe di erodere la concorrenza, aumentare i prezzi e ridurre la qualità dei servizi offerti.
Per scongiurare questa spirale negativa, l’urgenza di un intervento correttivo è evidente.
Un rinvio della scadenza del 9, come proposto, rappresenterebbe un palliativo necessario, offrendo alle imprese il respiro finanziario indispensabile per affrontare questa fase critica e preservare la loro capacità di fornire servizi essenziali alla collettività.
La questione non è solo economica, ma riguarda la salute e il benessere dell’intera comunità umbra.