Un fiume di cremisi, evocativo di dolore e di rivendicazione, ha inchiostrato una delle pietre miliari che definiscono il paesaggio iconico della Costa Smeralda.
L’atto, compiuto da collettivi di attivisti pro Palestina, trascende la semplice protesta: si configura come un’affermazione simbolica, un grido di indignazione che si propaga in un contesto di crescenti tensioni e interrogativi etici.
La scelta di questo luogo, una roccia di granito imponente e celebrata come emblema del lusso e dell’esclusività create dal principe Karim Aga Khan oltre sei decenni fa, non è casuale.
La Costa Smeralda, nata come progetto di sviluppo turistico e divenuta sinonimo di opulenza, si trova ora a confrontarsi con un’ombra, con una domanda scomoda che interroga le sue fondamenta: è possibile conciliare l’ostentazione del benessere con la sofferenza che affligge un altro popolo?La protesta è l’eco di un dissenso montante, alimentato dall’attivazione di una nuova rotta aerea che connette Olbia con Tel Aviv e dalla notizia dell’arrivo di turisti israeliani, potenzialmente militari dell’Idf, in una struttura ricettiva di prestigio a Santa Teresa Gallura.
La comunità attivista, unitamente a diverse organizzazioni che invocano un immediato cessate il fuoco, il riconoscimento dello Stato di Palestina e la liberazione di Gaza, aveva già espresso il proprio dissenso con manifestazioni pacifiche davanti all’aeroporto olbiese, erigendo bandiere palestinesi come vessilli di speranza e di resistenza.
L’azione di ieri, tuttavia, eleva la protesta a un nuovo livello, trasformando un elemento del paesaggio naturale in un palcoscenico per un messaggio potente e viscerale.
Il rosso, colore del sangue versato, si contrappone al bianco accecante dei graniti sardi, creando un contrasto stridente che non lascia indifferenti.
L’atto, pur nella sua natura effimera – la pietra verrà ripulita a breve – lascia un’impronta indelebile nella coscienza collettiva, stimolando un dibattito urgente sulla responsabilità, sull’etica del turismo in un contesto geopolitico complesso e sulla necessità di un’analisi critica delle dinamiche di potere che governano il mondo.
Le indagini dei Carabinieri sono in corso, ma la vera indagine che si apre riguarda la nostra capacità di ascoltare le voci che urlano giustizia e la nostra volontà di agire per un futuro più equo e pacifico.
Il silenzio, in questo caso, non è più un’opzione.