venerdì 12 Settembre 2025
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Spezia: Rifondazione Comunista contro l’export di armi a Israele

L’appello a una responsabilità più profonda e condivisa risuona oggi tra i cancelli dell’ex Oto Melara, ora parte del gruppo Leonardo, nella Spezia.
Rifondazione Comunista ha promosso un’azione di sensibilizzazione rivolta ai lavoratori, un grido di allarme che cerca di scuotere le coscienze di fronte alla tragica escalation del conflitto israelo-palestinese.
Non si tratta di una semplice protesta, ma di una chiamata esplicita a interrompere la filiera di approvvigionamento bellico che, da territorio italiano, alimenta la spirale di violenza che affligge Gaza.
La gravità del momento, definito da molti osservatori come un genocidio perpetrato sotto il silenzioso assenso della comunità internazionale, impone una riflessione urgente sul ruolo delle imprese e, di conseguenza, dei lavoratori che vi operano.
La produzione di armamenti e sistemi militari destinati a Israele non è un’attività neutra; è un contributo diretto alla perpetuazione di un conflitto che miete vittime civili e distrugge intere comunità.

L’azione di Rifondazione Comunista si inserisce in un quadro storico più ampio, richiamando un precedente significativo: nel 1977, gli stessi lavoratori dell’Oto Melara, con un atto di coraggio e di profonda consapevolezza politica, avevano bloccato l’esportazione di armamenti verso la dittatura militare argentina, opponendosi a un regime repressivo e violento.
Quel gesto, a distanza di decenni, risuona come un monito e un esempio di come la coscienza di classe e la solidarietà umana possano superare gli interessi economici e gli ordini aziendali.

La recente aggressione alla Global Sumud Flotilla, un’iniziativa di pace e di sostegno umanitario diretta alla popolazione palestinese assediata, sottolinea ulteriormente la complessità e i rischi connessi all’impegno per la giustizia e la solidarietà.
Un attacco a un’iniziativa pacifica è un attacco a tutti coloro che credono nella possibilità di un futuro migliore, basato sul rispetto dei diritti umani e sulla risoluzione pacifica dei conflitti.
Il volantino distribuito non si limita a denunciare una situazione di emergenza, ma invita i lavoratori a una riflessione più ampia sul significato del proprio lavoro e sulle implicazioni etiche delle proprie azioni.
Non si tratta solo di un diritto alla produzione e al salario, ma anche di una responsabilità collettiva verso l’umanità.
Il futuro che stiamo costruendo, il mondo che lasceremo alle prossime generazioni, dipendono dalle scelte che compiamo oggi, dalle nostre azioni e dalle nostre coscienze.
La richiesta è chiara: interrompere la produzione di armi, scegliere la pace, costruire un futuro di giustizia e solidarietà.

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