La sentenza della Corte di Cassazione ha restituito alla compagnia Tirrenia-Cin una vittoria significativa, annullando il sequestro preventivo di quattro traghetti per un valore complessivo di circa 64 milioni di euro.
Questa decisione, lungi dall’essere un semplice epilogo giudiziario, apre un dibattito cruciale sulla natura delle concessioni di servizi pubblici e sulle modalità di accertamento della responsabilità in caso di presunte irregolarità.
L’inchiesta “Traghettopoli”, scaturita da un’indagine che ha coinvolto alti ufficiali delle Capitanerie di Porto, dirigenti della Tirrenia e un vasto numero di funzionari pubblici, aveva portato alla luce presunte condotte illecite legate alla gestione dei traghetti.
Le accuse, che spaziano dalla frode alla corruzione, hanno portato all’indagine di settanta persone, accusate di aver abusato della loro posizione per ottenere benefici personali, come biglietti gratuiti.
Inizialmente, il pubblico ministero Walter Cotugno aveva richiesto misure cautelari per tredici individui, un’istanza respinta dal giudice per le indagini preliminari.
Il sequestro preventivo dei traghetti, poi disposto, è stato il fulcro della battaglia legale successiva.
La Cassazione ha demolito l’impianto accusatorio basato sull’ipotesi di frode nelle pubbliche forniture, un reato particolarmente grave che presuppone un illecito arricchimento a danno dell’erario.
Secondo la Suprema Corte, l’elemento chiave mancante è la diretta destinazione del vantaggio alla pubblica amministrazione.
Quando una concessione trasferisce a un privato la responsabilità di gestire un servizio pubblico, l’ente concedente riceve solo un vantaggio indiretto, mantenendo comunque un interesse fondamentale nel rispetto degli obblighi contrattuali.
Questo non implica, tuttavia, un’obbligazione diretta per l’ente concedente, ma piuttosto una tutela dei diritti derivanti dal contratto di concessione.
La sentenza sottolinea un principio fondamentale: la pubblica amministrazione, delegando a un privato lo svolgimento di un servizio in favore dell’utenza, non si sottrae alla propria responsabilità di vigilanza, ma non può essere considerata direttamente lesa in caso di inadempienze del concessionario, le quali potranno essere rilevanti solo in sede civile.
Questo approccio si discosta da una visione più ampia e severa della responsabilità, che avrebbe potuto implicare un coinvolgimento diretto dell’amministrazione nell’illecito.
Inoltre, la Cassazione ha criticato anche la metodologia utilizzata per determinare l’ammontare del sequestro.
Il servizio, seppur presumibilmente prestato in violazione delle clausole contrattuali, era comunque stato svolto, rendendo inesatto il calcolo del presunto danno erariale.
Una stima più accurata avrebbe potuto basarsi sull’importo delle penali che sarebbero state applicate in caso di fermo nave, ovvero nell’ipotesi di sospensione del servizio dovuta alla mancata manutenzione.
Questa decisione della Corte di Cassazione non solo favorisce la Tirrenia-Cin, ma solleva interrogativi sulla corretta interpretazione delle norme che regolano le concessioni di servizi pubblici e sulla necessità di definire con maggiore precisione i confini della responsabilità in tali contesti.
Il caso “Traghettopoli”, con la sua complessità e le sue implicazioni, continuerà ad alimentare il dibattito sulla trasparenza e l’efficienza della gestione dei servizi essenziali nel nostro Paese.