Il sipario del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino si riapre con “Les pêcheurs de perles” di Georges Bizet, un evento inaugurale della nuova stagione lirica che segna il ritorno del teatro dopo la pausa estiva.
L’allestimento, originariamente realizzato per la Staatsoper Unter den Linden di Berlino e riproposto ora a Firenze, è un’occasione unica per riscoprire un capolavoro spesso trascurato nel panorama operistico, portando in scena una visione innovativa firmata dal regista Wim Winders, inedita in Italia.
Alla guida dell’Orchestra e del Coro del Maggio, il direttore Jérémie Rhorer offre una lettura attenta e appassionata, rivelando una profonda affinità con la partitura.
Rhorer, pur ammettendo una familiarità maggiore con la produzione sinfonica di Bizet rispetto alle sue opere, esprime un sincero entusiasmo per questo primo incontro con “Les pêcheurs de perles”.
Questa scelta testimonia un interesse crescente per il dialogo tra la musica francese e quella italiana, un connubio che si rivela particolarmente fecondo quando analizzato attraverso la lente di un compositore come Giacomo Puccini.
L’interrogativo che emerge è quanto l’influenza di “Les pêcheurs de perles” possa essere stata determinante per l’evoluzione stilistica di Puccini e per la genesi di alcune delle sue opere più celebri.
L’allestimento di Winders si distingue per la sua essenzialità e la sua capacità di concentrare l’attenzione sull’essenza drammatica dell’opera.
La scenografia, curata da David Regehr, si avvale di proiezioni evocative, caratterizzate da tonalità cupe e profondità suggestive, integrate da sbuffi di fumo che creano un’atmosfera rarefatta e misteriosa.
I costumi, disegnati da Montserrat Casanova, seguono la stessa filosofia di sobrietà, contribuendo a creare un’ambientazione veritiera e funzionale alla narrazione.
Solo il coro, nel primo atto, emerge con abiti dai colori intensi, giallo zafferano e rossi vibranti, che richiamano l’energia e il fervore del popolo.
La visione di Winders, come egli stesso ha affermato in occasione della première berlinese del 2020, mira a “esporre” la storia in modo diretto, a “indurre o incoraggiare lo spettatore all’ascolto” e a “raccontare” attraverso la musica.
Conscio del rischio che spettacolarizzazioni eccessive possano distrarre dall’esperienza musicale, il regista si è impegnato a creare uno spazio che privilegi l’ascolto, un invito a immergersi nel mondo sonoro creato da Bizet, un universo a sé stante, ricco di emozioni e di sottili sfumature.
L’obiettivo non è quello di offrire un trionfo visivo, ma di suscitare una sensazione di scoperta, di rivelazione, di essere toccati profondamente dalla potenza della musica e dalla sua capacità di narrare storie universali.
Un invito a riscoprire un gioiello del melodramma francese, un’opera che, come ha sottolineato il regista, merita un posto più prominente nel repertorio operistico.
Il cast, guidato da Hasmik Torosyan (Léila), Javier Camarena (Nadir), Lucas Meachem (Zurga) e Huigang Liu (Nourabad), promette un’interpretazione intensa e coinvolgente.