L’Università Ca’ Foscari Venezia ha interrotto la partecipazione programmata dell’europarlamentare della Lega, Roberto Vannacci, a un evento di notevole spessore culturale e sociale.
Il convegno, promosso dall’assessore al Commercio, Sebastiano Costalonga, si prefiggeva di analizzare e discutere la proposta di un “patentino civico-linguistico” destinato ai commercianti di origine straniera, un’iniziativa che solleva questioni complesse di integrazione, inclusione e diritti.
L’incontro, fissato per lunedì 22 settembre alle ore 10 a Venezia, ha visto l’intervento del Comitato di Presidenza dell’ateneo, il quale ha espresso un rifiuto categorico alla presenza di Vannacci.
La decisione, comunicata attraverso i media del Gruppo Nem come riportato da *Il Gazzettino*, si fonda su un rigido protocollo interno che limita l’accesso di figure politiche nazionali a spazi universitari destinati a eventi di natura prettamente accademica o di servizio alla comunità.
La motivazione ufficiale, pur nella sua apparente semplicità, cela una riflessione più ampia sul ruolo dell’università come istituzione apartitica, custode di valori di pluralismo e libertà di pensiero.
L’esclusione di Vannacci, noto per posizioni spesso controverse in materia di immigrazione e integrazione, ha riacceso il dibattito sulla necessità di salvaguardare l’autonomia dell’ateneo da influenze politiche esterne.
La proposta del “patentino civico-linguistico”, un tema intrinsecamente sensibile e legato a dinamiche socio-culturali complesse, richiede un’analisi dispassionata e multidisciplinare, che non dovrebbe essere compromessa da dinamiche partitiche o ideologiche.
La vicenda pone interrogativi rilevanti sull’equilibrio tra la libertà di espressione, il diritto di manifestare opinioni, anche se discordanti, e la responsabilità dell’università nel garantire un ambiente di discussione aperto, rispettoso e inclusivo.
L’ateneo, in questo contesto, si trova a navigare in acque agitate, tra la pressione dell’opinione pubblica, le aspettative delle istituzioni e l’imperativo di mantenere un ruolo di leadership nel dibattito civile, promuovendo il confronto e la ricerca di soluzioni condivise per le sfide del nostro tempo.
La decisione, lungi dall’essere un semplice atto amministrativo, si configura come un campanello d’allarme per la salvaguardia dell’indipendenza universitaria e la promozione di un dialogo costruttivo sulla complessità del fenomeno migratorio e le sue implicazioni sociali, economiche e culturali.