Un’allarmante rete di associazioni ambientaliste e mediche – Rete Ambiente Lombardia, Isde (Medici per l’Ambiente), Medicina Democratica, Zero Waste Europe, Zero Waste Italy, 5R Zero Sprechi e Cittadini per l’Aria – ha sollevato un grido d’allarme rivolto al Presidente della Regione Lombardia e al Consiglio Regionale, richiedendo un tavolo di confronto immediato e costruttivo sulla gestione dei rifiuti e, in particolare, sull’impatto degli inceneritori.
La questione non si limita a una mera gestione tecnica, ma investe principi fondamentali di sostenibilità e responsabilità verso le future generazioni.
L’incenerimento, in un contesto globale che impone una transizione radicale verso un’economia circolare, si configura come una tecnologia superata, un anacronismo che contrasta apertamente con gli obiettivi di riduzione, riuso, riciclo e recupero dei materiali.
Piuttosto che affrontare le cause profonde della crisi dei rifiuti – l’eccessiva produzione di beni di consumo, l’obsolescenza programmata e le pratiche di spreco – l’incenerimento si limita a “nascondere” il problema, perpetuando un modello lineare “produci-consuma-getta” che esaurisce le risorse del pianeta e aggrava la crisi climatica.
Le preoccupazioni delle associazioni non si fermano all’inefficienza intrinseca dell’incenerimento.
L’impatto ambientale e sanitario è una realtà tangibile e documentata.
Le emissioni inquinanti, spesso contenenti sostanze tossiche e cancerogene, compromettono la qualità dell’aria e mettono a rischio la salute dei cittadini residenti nelle aree circostanti gli impianti.
Inoltre, i residui solidi derivanti dalla combustione, le cosiddette “cenere”, rappresentano una fonte di contaminazione del suolo e delle acque, richiedendo costosi e complessi processi di smaltimento.
L’approccio inceneritore non offre soluzioni definitive, ma genera nuovi problemi e nuovi rischi.
La Lombardia si distingue, purtroppo, per un primato negativo in questo scenario.
Il numero di impianti di incenerimento presenti sul territorio regionale è sproporzionato rispetto ad altre aree d’Italia.
Con 12 impianti attivi (equiparabili a 24 linee di combustione), la Lombardia supera di gran lunga il Veneto (3 impianti), il Piemonte (1 impianto) e l’Emilia-Romagna (8 impianti), solo per citare alcune regioni limitrofe.
A questa situazione si aggiunge la presenza dell’inceneritore di rifiuti speciali più grande d’Italia, cinque cementifici che ricorrono alla co-combustione come metodo di smaltimento e undici inceneritori industriali, configurando un panorama industriale e ambientale particolarmente critico.
Questo tessuto produttivo, incentrato sulla combustione dei rifiuti, richiede una revisione urgente e una profonda trasformazione.
L’urgenza del confronto richiesto dalle associazioni non è un semplice esercizio di dialogo istituzionale, ma un imperativo per la tutela della salute pubblica, per la salvaguardia dell’ambiente e per la costruzione di un futuro più sostenibile per la Lombardia, allineandola agli standard europei ed internazionali in materia di gestione dei rifiuti e transizione ecologica.
È necessario abbandonare modelli obsoleti e investire in soluzioni innovative che promuovano la prevenzione, il riuso, il riciclo e il recupero di materiali, riducendo drasticamente la dipendenza dalla combustione dei rifiuti e creando un’economia più circolare e resiliente.