Il ‘Cammino nelle Terre Mutate’ si snoda come una cicatrice sul paesaggio italiano, un percorso di riflessione e memoria che il fumettista Valerio Barchi sta percorrendo a piedi, da Fabriano all’Aquila.
Un viaggio di 14 giorni e 257 chilometri, un’immersione profonda nelle comunità ancora segnate dal terremoto che ha devastato il centro Italia.
Il 2026 vedrà la pubblicazione del fumetto che ne scaturirà, coincidenza significativa con il decennale del sisma, un’occasione per rievocare e comprendere un evento che ha profondamente inciso sulla vita di intere popolazioni.
L’impresa non è solo un atto artistico, ma una ricerca antropologica condotta attraverso il movimento, l’ascolto e l’osservazione.
Equipaggiato con un taccuino, un dispositivo GPS e un paio di scarpe provate dal terreno impervio, Barchi si è lasciato guidare dalla strada, rifiutando preconcetti e aspettative.
“Camminare è un atto di resa,” spiega, “un modo per abbandonarsi al flusso degli incontri e dei paesaggi, lasciando che le storie si rivelino.
”Il tragitto ha toccato luoghi emblematici della devastazione: Castelluccio di Norcia, un borgo sospeso tra cielo e macerie; Arquata del Tronto, Amatrice, cittadine del reatino che sono diventate simboli della fragilità umana di fronte alla potenza della natura.
Ogni tappa, con una media di venti chilometri al giorno, rappresenta un’immersione nella resilienza delle comunità.
Collebrincioni, l’ultima sosta prima dell’Aquila, segnerà l’ingresso in una città ancora segnata da un passato traumatico.
Il desiderio di documentare l’esperienza con l’acquerello si è rivelato presto un fardello eccessivo, costringendo l’artista a privilegiare l’immediatezza degli schizzi rapidi.
Amatrice, con le sue macerie e la tenace speranza che pulsa nelle associazioni e nelle piccole comunità, si è rivelata particolarmente toccante: “È come una brace sotto la cenere, la vita che continua nonostante tutto.
“Le soste lungo il cammino si trasformano in momenti di ascolto, un’opportunità per raccogliere storie, spesso non veicolate dai media o dai report ufficiali.
Matelica, Camerino, Norcia: ogni luogo contribuisce a dipingere un quadro complesso e sfaccettato della vita dopo il terremoto.
Barchi si definisce un “raccontatore in ascolto”, consapevole che il filo conduttore della narrazione potrebbe emergere solo nell’ultima tappa, all’ingresso dell’Aquila.
La biografia di Valerio Barchi è un mosaico di esperienze internazionali: dall’Olanda, dove ha lavorato come postino, a Istanbul, come cameriere, fino a Taiwan, dove si è dedicato all’arte di strada.
Un background che ha arricchito la sua visione del mondo e plasmato il suo stile narrativo, caratterizzato da un’attenzione particolare ai dettagli e alla capacità di cogliere l’essenza dei luoghi e delle persone.
La sua esperienza con la Via Francigena, raccontata in “Bona Via!”, ha anticipato questo viaggio nelle Terre Mutate, dimostrando la sua abilità nel trasformare un percorso fisico in una narrazione visiva potente e coinvolgente.
Questa nuova sfida è nata in un contesto universitario dedicato alla progettazione sociale e alla memoria delle comunità terremotate, sottolineando l’importanza di un approccio partecipativo e inclusivo.
Barchi ammette di non conoscere a fondo la storia dell’Aquila, focalizzandosi inizialmente sugli aspetti più noti come la Casa dello Studente e la basilica: “Sono qui per capire come il sisma abbia segnato la vita quotidiana negli anni successivi, per guardare con i miei occhi e disegnare con le mie mani.
” Il progetto si configura così come un atto di empatia e di impegno civile, un tentativo di ricostruire non solo un paesaggio, ma anche una memoria condivisa.