sabato 20 Settembre 2025
15.8 C
Comune di L'Aquila

Crisi Stellantis ad Atessa: il Molise al collasso

La crisi che attanaglia lo stabilimento Stellantis di Atessa, con una perdita di 1600 posti di lavoro dal 1° gennaio 2021 e un crollo della produzione di furgoni da 310.000 a una proiezione di 192.000 unità nel 2024, rappresenta un campanello d’allarme per l’intera regione Molise e per il tessuto industriale italiano.

Nonostante questo quadro drammatico, l’impianto, strategicamente importante per il gruppo Stellantis, persiste come un punto nodale, testimone di un’eredità manifatturiera che fatica a reinventarsi.

Questa drammatica situazione è emersa con chiarezza durante il convegno dedicato alla crisi automotive, tenutosi al Val di Sangro Expo, un momento di confronto tra sindacati nazionali (Fim, Fiom, Uilm), rappresentanti istituzionali regionali, dirigenti aziendali e, soprattutto, i lavoratori direttamente coinvolti.
“Questo territorio è il cuore pulsante della nostra economia”, ha sottolineato il sindaco di Atessa, Giulio Borrelli, incarnando il sentimento diffuso di profonda preoccupazione.

La “tempesta” che investe il settore automotive è alimentata da una complessa interazione di fattori.
Il Green Deal europeo, pur ambizioso nella sua intenzione, impone ritmi di transizione accelerati che si scontrano con la realtà industriale e le capacità di adattamento.

La concorrenza cinese, con i suoi costi di produzione drasticamente inferiori e una rapida innovazione tecnologica nel campo dei veicoli elettrici, ha già eroso significativamente le quote di mercato europee.
A ciò si aggiungono le scelte strategiche a livello globale dei grandi gruppi automobilistici, spesso guidate da logiche di ottimizzazione dei costi che penalizzano i siti produttivi italiani.

Il dibattito si è inevitabilmente concentrato sulla sfida della transizione verso l’elettrico.
Marco Matteucci, responsabile automotive di Confindustria Medio Adriatico, ha evidenziato come la quota di mercato delle auto ibride sia cresciuta rapidamente, passando dal 30% al 45% in soli due anni.
Questo dato suggerisce una crescente sensibilità verso la sostenibilità ambientale, ma solleva interrogativi cruciali: una transizione completa all’elettrico è praticabile senza un’adeguata infrastrutturazione del territorio? Tornare sui propri passi sarebbe un errore, ma una soluzione forzata e prematura rischia di generare ulteriori disagi.

È imperativo investire in nuove competenze, favorire la riconversione professionale e sostenere la ricerca di soluzioni ibride e alternative.

Samuele Lodi, segretario nazionale di Fiom, ha lanciato un appello all’attenzione collettiva: la realtà dell’automotive in Italia è indissolubilmente legata al destino di Stellantis, un colosso che, pur rimanendo un attore significativo, ha perso terreno rispetto alla sua posizione di leadership del passato.

La transizione, imposta dall’Europa, è stata percepita come un processo imposto ai lavoratori, spesso senza un adeguato coinvolgimento e supporto.
Lodi ha inoltre criticato la mancanza di coerenza dell’Unione Europea e ha rimproverato Stellantis per il progressivo disinvestimento nel Paese.

Rocco Palombella, segretario generale Uilm, ha descritto una situazione di vero e proprio disastro, con un impatto psicologico devastante sui lavoratori.
L’abbondanza di auto elettriche cinesi a prezzi accessibili, a partire da 5.000 euro, contrasta nettamente con il costo elevato di un modello Fiat 500, che supera i 30.000 euro.
Gli incentivi statali, pur importanti, non compensano la mancanza di potere d’acquisto delle famiglie.

Palombella ha rivolto un appello diretto al management aziendale, invitandolo a confrontarsi direttamente con i lavoratori e le loro famiglie.

Infine, Stefano Boschini, coordinatore nazionale Fim, ha sottolineato il fallimento del piano Tavares di accelerare la transizione industriale.

La maggior parte degli stabilimenti Stellantis si trova attualmente in uno stato di fermo, eccezion fatta per Pomigliano e Atessa.
L’esorbitante costo dell’energia elettrica ha contribuito a mettere in stand-by il progetto della gigafactory di Termoli, con la conseguente delocalizzazione della produzione di batterie in Spagna.
La crisi, quindi, non è solo economica, ma anche sociale e politica, richiedendo un impegno congiunto tra istituzioni, imprese e sindacati per salvaguardare il futuro del settore automotive italiano e del territorio molisano.

- pubblicità -
- pubblicità -
- pubblicità -
- pubblicità -