domenica 21 Settembre 2025
20.1 C
Torino

Torino, un’onda umana per Gaza: 30.000 in strada

Un’onda umana, stimata in trenta mila persone, ha travolto le vie di Torino, provenendo da un mosaico di centri abitati dislocati in tutta la regione Piemonte e oltre.
Dalle valli alpine di Verbania e Val Susa, ai distretti industriali di Alessandria e Novara, passando per le comunità di Forno Canavese, Pinerolo, Ivrea, Cuneo, Orbassano, Biella, Collegno, Mondovì, Vercelli e Asti, la mobilitazione ha rappresentato una risposta corale a una percezione di profonda disconnessione tra la cittadinanza e le decisioni politiche che la riguardano.

Il Coordinamento Torino per Gaza ha sottolineato come l’ampia partecipazione abbia messo a nudo un divario incolmabile tra il sentire popolare e le azioni di alcuni rappresentanti eletti.
Solo pochi giorni prima, i consiglieri regionali, investiti del compito di rappresentare gli interessi dei cittadini, avevano rifiutato di discutere una mozione volta a sospendere accordi economici, di ricerca e diplomatici con lo Stato di Israele, un atto percepito come una chiara indicazione di priorità distanti dalla volontà popolare.
L’accusa è rivolta a un sistema che, secondo il Coordinamento, alimenta attivamente la catastrofe umanitaria in Palestina.
Non si tratta solo di criticare le politiche del governo Netanyahu, ma di smantellare le fondamenta ideologiche e strutturali del sionismo, accusato di perpetrare un progetto di espansione territoriale a costo della sofferenza e della privazione del popolo palestinese.

La resistenza palestinese viene presentata come un esempio di coraggio e dignità, un faro che illumina la strada verso una coscienza critica e una mobilitazione globale.
La manifestazione ha concluso con un collegamento simbolico alla Flotilla, evocando la solidarietà tra l’impegno sul campo e il sostegno popolare.

Questo collegamento sottolinea l’importanza cruciale della partecipazione attiva e della pressione sociale per ottenere un cambiamento radicale.
Viene dunque proclamato un appuntamento inderogabile: lo sciopero generale del 22 settembre, visto come uno strumento imprescindibile per paralizzare la filiera bellica che, a detta degli organizzatori, è la linfa vitale del conflitto.

L’assunzione di responsabilità è netta: se i governi si dimostrano incapaci o riluttanti a interrompere questo flusso di armi e supporto economico, il compito ricadrà sulla spalla del movimento popolare, chiamato a un’azione determinata e coraggiosa per interrompere la spirale della violenza e costruire un futuro di giustizia e pace.
La mobilitazione non è quindi solo una protesta, ma un atto di liberazione collettiva, un rifiuto di complicità e un’affermazione di un’alternativa politica basata sulla solidarietà e sulla giustizia sociale.

- pubblicità -
- pubblicità -
- pubblicità -
- pubblicità -