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Latte Crudo: Divieto Eccessivo, Serve Ricerca e Formazione

La proposta di una proibizione generalizzata della lavorazione del latte crudo e dei formaggi derivati, spesso avanzata in termini di prevenzione dei rischi sanitari, si rivelerebbe una misura eccessiva e miope, paragonabile a limitare la mobilità per via degli incidenti stradali.
Come sottolinea Duccio Cavalieri, docente di Microbiologia all’Università di Firenze, l’approccio corretto risiede in un investimento strategico nella ricerca scientifica, nell’evoluzione dei metodi di rilevazione dei patogeni e nell’applicazione di tecnologie genomiche a ogni fase della filiera casearia.
Questo implica un’integrazione sofisticata con i protocolli Haccp, non una loro sostituzione con divieti semplicistici.

L’attenzione verso i rari casi di intossicazione da *Escherichia coli* (STEC) – batterio che può contaminare una vasta gamma di alimenti crudi, non solo il latte – è imprescindibile, ma non può giustificare una penalizzazione indiscriminata di un intero settore produttivo.
Giampaolo Gaiarin, referente tecnico della filiera casearia di Slow Food Italia, rimarca con forza l’importanza di un’analisi approfondita di ogni singolo episodio, con l’impegno a individuare le cause e le responsabilità specifiche.

Le contaminazioni del latte crudo, come per altri alimenti non sottoposti a trattamenti termici, sono possibili, ma spesso riconducibili a pratiche di lavorazione inadeguate o a una insufficiente osservanza delle norme igieniche.

Si tratta di una questione di responsabilità individuale, non di una colpa generalizzata che rischia di danneggiare un ecosistema complesso e prezioso.
Questo ecosistema è costituito da una ricchezza di biodiversità, da paesaggi unici, da allevamenti sostenibili, da razze autoctone preservate e da una rete di giovani professionisti che scelgono con passione il mestiere del pastore e del casaro, dopo anni di studio e formazione.

È un sistema che contribuisce attivamente alla rigenerazione dei territori montani e collinari, offrendo opportunità di lavoro e preservando il patrimonio culturale e ambientale.

Slow Food Italia, in linea con quanto espresso da Cavalieri, sostiene con convinzione che l’azione debba essere rivolta a monte, promuovendo la formazione continua di produttori e allevatori, incentivando la ricerca scientifica e garantendo una comunicazione trasparente e accurata per i consumatori.

La proibizione rischia di cancellare secoli di tradizione, di perdere la diversità dei sapori e di impoverire il tessuto sociale ed economico delle aree rurali.
In occasione di Cheese a Bra, Slow Food Italia ha predisposto un ricco programma di iniziative informative, destinato a raggiungere un vasto pubblico, sia in presenza che attraverso i canali digitali, per promuovere la conoscenza e la valorizzazione di un settore produttivo che, con impegno e responsabilità, contribuisce a preservare la nostra identità e il nostro ambiente.
L’obiettivo è quello di creare una cultura alimentare consapevole e sostenibile, basata sulla fiducia, sulla trasparenza e sulla valorizzazione del patrimonio gastronomico italiano.

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