Un’onda umana, un fiume di volti giovani e consapevoli, si riversa oggi per le vie di Palermo, in un corteo generale indetto dai sindacati di base, un atto di solidarietà palpabile verso il popolo palestinese e un sostegno inequivocabile alla Global Sumud Flotilla, impegnata in una missione umanitaria di vitale importanza.
La manifestazione, percepita come un grido di speranza e di denuncia, si configura non solo come una protesta, ma come una presa di posizione etica e politica di profonda portata.
Le stime degli organizzatori parlano di un afflusso di ventimila persone, un numero che testimonia la crescente sensibilità pubblica nei confronti della drammatica situazione umanitaria a Gaza e l’impegno a contrastare le cause strutturali del conflitto.
Lo striscione di testa, un manifesto programmatico, articola chiaramente le rivendicazioni: un netto “ferma al genocidio”, la difesa della Flotilla, la denuncia di un’economia bellica che alimenta la spirale della violenza, e la richiesta di una redistribuzione della ricchezza a favore dei lavoratori.
Tra la folla, la presenza di avvocati come Mario Bellavista e Fausta Catalano, con le loro toghe che simboleggiano la giustizia e il diritto, aggiunge un peso istituzionale alla manifestazione, sottolineando la necessità di un intervento legale e di una pressione internazionale per porre fine alle sofferenze.
I vessilli sventolati – i colori distintivi del sindacato Usb, la bandiera palestinese, il tricolore italiano – rappresentano un mosaico di identità e di ideali che convergono in un unico obiettivo: la ricerca della pace e della giustizia.
Il coro unanime dei manifestanti, un’esplosione di slogan come “Free Palestina” e “Israele terrorista”, è un grido di rabbia, ma anche di speranza.
Non si tratta solo di condannare le azioni militari e le restrizioni imposte alla popolazione palestinese, ma di interrogarsi sulle radici profonde del conflitto, sulle dinamiche geopolitiche che lo alimentano, e sulle responsabilità condivise della comunità internazionale.
Lo sciopero generale, un atto di disobbedienza civile, è un monito per i governi e le istituzioni, un invito a riconsiderare le politiche di armamenti e a investire in un futuro di pace e di sviluppo sostenibile.
La manifestazione palermitana si configura, dunque, come un atto di resistenza, un appello alla coscienza collettiva e una promessa di impegno continuo nella lotta per un mondo più giusto e solidale.