Questa mattina, l’assemblea di dipartimento dell’Università di Macerata, dedicata all’analisi della questione palestinese, è stata interrotta da un’azione di contestazione diretta al Rettore, John McCourt, da parte del collettivo studentesco Depangher.
L’atto non si è limitato a un semplice dissenso, ma ha rappresentato una denuncia serrata delle politiche e delle collaborazioni mantenute dall’ateneo, percepite come apertamente in contrasto con la solidarietà verso il popolo palestinese.
Il collettivo ha accusato l’Unimc di perpetrare un’ipocrita ambivalenza, esibendo ora una presunta presa di posizione che non fa altro che mascherare una continuità di azioni contrarie alle istanze studentesche e alle sofferenze che si stanno consumando in Palestina.
Le critiche si sono concentrate sulla persistenza di accordi con istituzioni israeliane, mai interrotti nonostante le reiterate richieste di discontinuità.
Queste collaborazioni, spesso veicolate attraverso progetti europei, sono state definite non solo irresponsabili, ma anche moralmente inaccettabili alla luce del conflitto in corso e della drammatica situazione umanitaria.
L’azione di Depangher ha esplicitamente evidenziato specifiche iniziative considerate particolarmente problematiche: l’invito a un docente riservista dell’esercito israeliano (IDF), afferente all’Ono Academic College, e l’ospitata, la settimana scorsa, di un’università israeliana all’interno della facoltà di Giurisprudenza.
Queste scelte, secondo il collettivo, rivelano un’incompatibilità profonda tra la retorica di supporto a Gaza e le azioni concrete dell’ateneo.
Il gesto di contestazione non è stato interpretato come un’occasione di dialogo o riflessione, ma come un atto di disobbedienza civile, un chiaro segnale di sciopero e di rifiuto di compromessi.
Il collettivo ha esortato la comunità studentesca e i docenti a unirsi in un’azione concreta e immediata, invitando a bloccare il porto di Ancona nel pomeriggio.
Questa mobilitazione è stata presentata come un atto di solidarietà diretta con il popolo palestinese e una sfida al sistema che permette e favorisce le collaborazioni con istituzioni che, a loro dire, contribuiscono attivamente alla perpetrazione del conflitto e delle sue conseguenze devastanti.
La contestazione ha dunque segnato un punto di rottura, un rifiuto categorico di un’Università percepita come complice di un sistema di ingiustizia globale.