All’interno di un contesto industriale, un’attività illecita di proporzioni significative ha portato all’arrestamento domiciliare di tre individui, un evento che getta una luce inquietante sulle dinamiche lavorative e sulla vulnerabilità degli ambienti aziendali alla criminalità organizzata.
L’inchiesta, condotta dalla Procura di Tivoli e coordinata dal Giudice per le Indagini Preliminari, ha portato a emettere provvedimenti restrittivi, integrati dall’obbligo di monitoraggio elettronico, a carico di due attuali dipendenti, un uomo di 44 anni e uno di 37, e di un ex lavoratore, di 50 anni, licenziato precedentemente per inadempienze disciplinari.
Le accuse mosse ai tre riguardano la detenzione e il traffico di sostanze stupefacenti, con l’aggravante di aver sfruttato la struttura aziendale per agevolare l’operazione.
L’indagine ha rivelato un sistema complesso e ben orchestrato, in cui i dipendenti, durante i turni notturni, fungevano da distributori per un circuito di acquirenti, principalmente colleghi.
L’organizzazione aveva trasformato specifiche aree della fabbrica in zone di transito apparentemente impunibili, paradisi illegali dove l’acquisto e la vendita di cocaina avvenivano in piena sicurezza, sfuggendo ai controlli delle forze dell’ordine.
La logistica era particolarmente ingegnosa: il 50enne, operando all’esterno dello stabilimento, lanciava gli involucri contenenti la droga attraverso il perimetro murario, in punti concordati.
Questo meccanismo, volto a minimizzare il rischio di intercettazioni, rendeva il flusso di sostanza quasi invisibile.
L’ex dipendente, oltre ai reati legati allo spaccio, è accusato di estorsione, avendo utilizzato minacce verbali per costringere i debitori a saldare i loro conti, creando un clima di intimidazione all’interno dell’ambiente lavorativo.
Il caso solleva interrogativi profondi sulla sicurezza aziendale, sulla necessità di controlli più stringenti e sulla capacità di infiltrazione della criminalità all’interno di realtà economiche apparentemente stabili.
L’episodio sottolinea come la disoccupazione, le tensioni lavorative e la mancanza di supervisione possano creare un terreno fertile per lo sviluppo di attività illecite, compromettendo la sicurezza dei lavoratori e l’integrità dell’azienda stessa.
L’inchiesta è ora orientata a ricostruire completamente la rete di contatti e a identificare eventuali complici, sia all’interno che all’esterno della fabbrica, al fine di disarticolare completamente l’organizzazione criminale e tutelare la legalità.