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Porto Cervo: Un’Indagine tra Accuse e Controversie

La vicenda Porto Cervo: Cronaca di un’indagine complessa e un processo controversoL’estate del 2019 scuote la Costa Smeralda e il panorama politico italiano con una denuncia che getta un’ombra sulla famiglia Grillo.

Una giovane modella scandinava, all’epoca poco più che maggiorenne, sporge denuncia ai carabinieri di Milano, accusando di violenza sessuale in concorso Ciro Grillo, figlio del fondatore del Movimento 5 Stelle, e altri tre amici: Edoardo Capitta, Francesco Corsiglia e Vittorio Lauria.
I ragazzi, da parte loro, sostengono che si sia trattato di un rapporto di gruppo consensuale.
L’inchiesta, immediatamente al centro dell’attenzione mediatica, si apre su un intricato quadro di accuse, contro-affermazioni e testimonianze contrastanti.

La dinamica dei fatti si concentra su una festa in una villa di Porto Cervo, di proprietà della famiglia Grillo.

L’acquisizione di un video proveniente dalla serata diviene un elemento cruciale, ma la sua interpretazione si rivela subito fonte di controversia.
L’avvocata Giulia Bongiorno, rappresentante della presunta vittima, si schiera attivamente nella difesa dell’integrità della denuncia.
Nel novembre 2020, la Procura di Tempio Pausania conclude le indagini, raccogliendo le testimonianze della giovane e di un’amica.
Beppe Grillo interviene pubblicamente, rilasciando un video sui social in cui nega fermamente l’avvenuto stupro, definendo gli indagati come “coglioni” e sottolineando la presunta incongruenza del comportamento della presunta vittima, che, a suo dire, parteciperebbe ad attività sportive il giorno dopo l’episodio e presenterebbe denuncia a distanza di giorni.
La moglie di Grillo, Parvin Tadjik, aggiunge un elemento di ulteriore confusione, sostenendo di possedere un video che documenterebbe il consenso della giovane.
Francesco Corsiglia, uno dei ragazzi coinvolti, tenta di distanziarsi dalle accuse, affermando di aver avuto un rapporto consensuale con la ragazza e di essersi poi ritirato per dormire.

La sua assenza dalle fotografie e dai video considerati chiave nell’inchiesta alimenta ulteriormente le incertezze.
Il percorso giudiziario si snoda attraverso una serie di interrogatori, con la richiesta da parte di Grillo jr, Capitta e Lauria di essere nuovamente ascoltati, sebbene solo Ciro Grillo venga effettivamente sottoposto a un terzo interrogatorio.
L’emersione di nuove informazioni, tra cui frasi captate tramite microspie nella caserma di Quarto, a Genova, dove i giovani erano stati convocati, e dichiarazioni contrastanti raccolte durante gli interrogatori, contribuisce a complicare il quadro.

Nel 2021, i quattro ragazzi optano per il rito ordinario, aprendo la strada a un processo pubblico.

La decisione di procedere con il rito ordinario implica un processo più lungo e complesso, volto a stabilire la verità dei fatti davanti a un giudice.
Il processo, iniziato nel marzo 2022, si rivela un palcoscenico di testimonianze, prove e contro-prove.

Vengono ammessi a dibattimento numerosi testimoni, tra cui la madre di Ciro Grillo e un’amica della famiglia, le cui dichiarazioni contrastano con l’accusa.
L’avvocato di Corsiglia ottiene la riproduzione in aula di audio e video sequestrati dagli smartphone dei coinvolti, nel tentativo di offrire una visione più completa della dinamica dei fatti.
La testimonianza fiume della presunta vittima, nel giugno 2022, introduce elementi drammatici, con la descrizione di un episodio di perdita di coscienza e di conseguenti atti di autolesionismo e tentativi di suicidio.
La difesa dei ragazzi contrattacca, sostenendo la consensualità dei rapporti e mettendo in discussione la credibilità della testimonianza, facendo riferimento a una presunta seconda denuncia di violenza sessuale in Norvegia, successivamente ritrattata.
Una svolta significativa arriva nel dicembre 2024, quando le perizie informatiche stabiliscono che l’autore del video girato la notte dell’episodio è proprio Ciro Grillo.

Nel luglio 2025, il procuratore chiede la condanna a nove anni di reclusione per tutti gli imputati, invocando le attenuanti generiche.
Il processo si chiude con un quadro di incertezze e contraddizioni, lasciando spazio a diverse interpretazioni dei fatti e a un giudizio che si preannuncia complesso e delicato.
La vicenda Porto Cervo continua a rappresentare un caso emblematico di come le accuse di violenza sessuale possano intrecciarsi con dinamiche familiari, politiche e mediatiche, rendendo difficile la ricerca della verità e la tutela dei diritti di tutte le parti coinvolte.

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