martedì 23 Settembre 2025
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Bekaert, crisi occupazionale a Cagliari: rischio per 237 lavoratori.

Una profonda incertezza grava sull’area industriale di Cagliari, con l’annuncio inatteso della volontà della multinazionale belga Bekaert di disinvestire dallo stabilimento di Macchiareddu, specializzato nella produzione di corda metallica per pneumatici (steel cord).
La decisione, comunicata ai sindacati in una riunione convocata frettolosamente presso Confindustria, apre uno scenario di potenziale crisi occupazionale che rischia di coinvolgere 237 lavoratori diretti e un significativo numero di addetti dell’indotto.
L’accelerazione del processo di cessione, come evidenziato dal segretario Uilm Cagliari, Alessandro Andreatta, è inaspettata: sebbene il comparto mostrasse performance positive fino al 2025, le previsioni per il biennio successivo indicano un declino che ha innescato la decisione di porre lo stabilimento sul mercato a partire dal primo ottobre.
L’immediata mancanza di risposte da parte dell’azienda aumenta la preoccupazione e alimenta la richiesta di trasparenza.
Il piano di fermi produttivi, con chiusure previste a ottobre (5 giorni), novembre (15 giorni) e dicembre (20 giorni), prelude a un progressivo ridimensionamento delle attività.

Le cause alla base di questo cambiamento strategico sono molteplici e complesse.

Si fa riferimento alla congiuntura economica globale, segnata da una profonda crisi del settore automotive, con ripercussioni significative sulla domanda di pneumatici.
A ciò si aggiunge l’aggressività della concorrenza cinese, che sta erodendo le quote di mercato europeo con prodotti a prezzi competitivi.
Questo scenario, già di per sé complesso, evidenzia le fragilità di un’economia globalizzata, dove la dipendenza da mercati esteri e la vulnerabilità alla volatilità dei prezzi diventano fattori critici.

Marco Mereu, della Fiom di Cagliari, richiama un precedente, l’acquisizione da parte di Bridgestone, sottolineando come l’attuale approccio, che prevede la nomina di un advisor per la ricerca di acquirenti, sia meno strutturato e lascia spazio a incertezze.
La restrizione imposta, che vieta la vendita dello stabilimento a imprese cinesi, suggerisce una volontà di mitigare la concorrenza, ma non risolve il problema di fondo legato alla sostenibilità del comparto.

L’impegno dei sindacati si concentra ora sull’ottenimento di un tavolo istituzionale permanente con l’assessorato regionale all’Industria.

La richiesta primaria è quella di garantire la continuità operativa dello stabilimento fino alla individuazione di un acquirente solido e affidabile, consapevole delle responsabilità sociali e industriali che tale acquisizione comporta.
Si sottolinea l’urgenza di evitare una scadenza imposta, in grado di compromettere la stabilità occupazionale e lo sviluppo economico dell’area.
La questione va ben oltre la mera gestione di una crisi aziendale: si tratta di tutelare un patrimonio industriale e umano, preservando le competenze e il know-how sviluppati in anni di attività.

L’auspicio è che l’intervento della Regione Sardegna possa favorire un dialogo costruttivo e trovare una soluzione che preservi il futuro dello stabilimento e dei suoi lavoratori.

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