La scomparsa di Paolo Mendico, quindici anni, a Santi Cosma e Damiano, ha innescato un’indagine giudiziaria ampia e complessa, che trascende i confini dell’ambiente scolastico.
Il procuratore capo di Cassino, Carlo Fucci, ha delineato un approccio investigativo volto a delineare un quadro completo della vita del ragazzo, un’indagine “a 360 gradi” che ambisce a ricostruire ogni relazione, ogni dinamica sociale e ogni esperienza che abbiano contribuito, direttamente o indirettamente, alla tragica decisione di Paolo.
L’inchiesta non si limita all’analisi delle scuole frequentate, come segnalato dai genitori, né si concentra esclusivamente sulle accuse di bullismo che emergono dalle loro denunce.
Al contrario, la Procura intende esaminare ogni aspetto della sfera personale e sociale di Paolo, abbracciando amicizie, passioni, attività sportive, relazioni familiari e qualsiasi altro contesto in cui il giovane si sia trovato a interagire.
La prudenza del magistrato si riflette nell’attesa della relazione definitiva del medico legale, un passaggio cruciale per confermare l’ipotesi di suicidio e per escludere altre possibili cause.
Il procuratore sottolinea la difficoltà intrinseca di comprendere un gesto di tale gravità, evidenziando come raramente si tratti di un atto impulsivo.
Al contrario, l’esperienza suggerisce un percorso interiore di sofferenza, spesso prolungato e insidioso, culminante in un momento di crisi in cui un evento apparentemente minore può innescare la rottura.
L’obiettivo primario dell’indagine è proprio quello di ricostruire questo percorso e di identificare il fattore scatenante.
L’attenzione si rivolge anche allo sportello scolastico, un presidio educativo volto a intercettare segnali di disagio e a offrire supporto agli studenti.
Si valuta l’efficacia di questo servizio e si verifica se abbia adempiuto correttamente al suo ruolo.
L’analisi si estende ai dispositivi digitali utilizzati da Paolo, telefoni cellulari e supporti informatici, alla ricerca di indizi e messaggi che possano gettare luce sulle dinamiche interpersonali e sulle sue sofferenze.
La presenza di indagini che coinvolgono anche adulti suggerisce che le vessazioni non derivassero unicamente da coetanei, come evidenziato dal fratello di Paolo, Ivan Mendico, che ha indirizzato una lettera al Ministro dell’Istruzione.
La famiglia del ragazzo non ha dubbi sulla responsabilità della scuola, sostenendo di possedere prove concrete, come chat, discussioni online e annotazioni su quaderni, che documenterebbero atti di vessazione.
Queste accuse sono state respinte dall’istituto frequentato da Paolo, che nega di essere stato informato dei problemi e sottolinea come i genitori abbiano scelto proprio la loro scuola per la sua presunta vocazione inclusiva.
La discrepanza tra le accuse della famiglia e le smentite della scuola apre uno scenario complesso e richiede un’indagine accurata e imparziale per accertare la verità e fare luce su una vicenda profondamente dolorosa.
L’indagine intende non solo ricostruire gli eventi che hanno preceduto la scomparsa di Paolo, ma anche trarre insegnamenti per prevenire simili tragedie in futuro, rafforzando i sistemi di supporto e di protezione degli studenti e promuovendo una cultura scolastica più inclusiva e rispettosa.