Il clima di crescente sconcerto e indignazione studentesca ha trovato espressione ieri all’Università La Sapienza di Roma, sfociando in un’azione di protesta che ha interrotto il regolare svolgimento delle attività accademiche e ha portato all’occupazione simbolica del Rettorato.
L’iniziativa, promossa con forza dalle collettive studentesche “Cambiare Rotta” e “Zaum”, è nata dall’esito di un’assemblea convogliata nel Dipartimento di Lettere, un momento di confronto acceso dove si sono sedimentate istanze di solidarietà nei confronti del popolo palestinese e una critica radicale alle relazioni istituzionali tra l’Italia e lo Stato di Israele.
Il corteo, composto da centinaia di studenti, si è snodato tra le facoltà, generando inevitabili disagi e interruzioni delle lezioni, in particolare nel Dipartimento di Scienze Politiche, un’area tradizionalmente sensibile alle tematiche internazionali.
L’azione di protesta ha visto un momento di particolare tensione con la rimozione forzata di una recinzione che delimitava un cantiere alla Minerva, segnando un passaggio simbolico verso il cuore amministrativo dell’università.
L’ingresso nel cortile antistante il Rettorato non ha rappresentato una semplice irruzione, ma una dichiarazione di intenti: un presidio permanente, un baluardo di resistenza studentesca.
Le bandiere palestinesi, innalzate con fierezza sulle scale dell’edificio, hanno assunto il ruolo di vessilli di una rivendicazione che va oltre il mero dissenso, abbracciando una visione politica più ampia.
Gli striscioni e le voci che invocavano il nome della rettrice, Magda Polimeni, non erano solo un appello alla sua attenzione, ma una richiesta di presa di posizione ufficiale da parte dell’istituzione universitaria.
L’azione, pur nella sua natura simbolica, solleva interrogativi cruciali sul ruolo dell’università nel dibattito geopolitico contemporaneo.
Si tratta di un luogo di apprendimento neutrale o di un ambiente in cui le studentesche, influenzate da eventi globali, possono e devono esprimere le proprie convinzioni? La protesta, con la sua forte componente emotiva e politica, pone la Sapienza di fronte a una sfida complessa: conciliare la libertà di espressione con la necessità di garantire la continuità delle attività accademiche, tutto mentre si naviga in un panorama internazionale segnato da conflitti e divisioni.
L’occupazione del Rettorato, quindi, si configura non solo come un gesto di contestazione, ma come un invito a una riflessione più ampia sul ruolo dell’università nel mondo contemporaneo e sulla responsabilità della comunità accademica nei confronti degli eventi che la circondano.