La recente proposta di revisione del quadro finanziario pluriennale dell’Unione Europea, che guarda al periodo 2028-2034, solleva criticità profonde e richiede una riflessione urgente, soprattutto per regioni dinamiche e motori di crescita come la Lombardia.
L’allarme lanciato dal Presidente Fontana non è un semplice atto di protesta, ma una denuncia puntuale di un approccio che rischia di compromettere gli equilibri territoriali e l’efficacia stessa delle politiche di coesione.
La centralizzazione dei fondi, intesa come progressiva riduzione dell’autonomia decisionale delle regioni e l’accentramento delle risorse a livello comunitario, minaccia di soffocare l’innovazione e la capacità di risposta ai bisogni specifici dei territori.
Ogni regione, infatti, possiede peculiarità socio-economiche, culturali e ambientali che richiedono interventi mirati e flessibili, difficilmente replicabili attraverso schemi centralizzati.
L’esperienza lombarda, costellata di successi nell’ambito dell’industria, della ricerca, dell’innovazione e dei servizi, dimostra come la capacità di gestione autonoma e la prossimità alle realtà locali siano elementi cruciali per massimizzare l’impatto degli investimenti.
Il taglio delle risorse destinate alle regioni, conseguenziale a una centralizzazione eccessiva, implica una riduzione delle opportunità di sviluppo, soprattutto per quelle che, come la Lombardia, si sono distinte per la loro capacità di attrarre investimenti e creare occupazione.
La marginalizzazione del ruolo delle Regioni, erodendo la loro capacità di programmazione e attuazione delle politiche, contrasta con il principio di sussidiarietà, cardine del progetto europeo, che dovrebbe garantire che le decisioni siano prese al livello più vicino ai cittadini.
Oltre alle questioni strutturali, la critica alla burocrazia e alle scelte ideologiche che guidano l’allocazione dei fondi è altrettanto significativa.
Una burocrazia eccessiva e complessa, spesso distaccata dalle reali esigenze dei territori, ostacola l’implementazione dei progetti e rallenta i processi decisionali.
L’adozione di criteri ideologici, anziché basati su dati oggettivi e analisi di fattibilità, rischia di compromettere l’efficienza degli investimenti e di favorire progetti poco funzionali al benessere dei cittadini.
La Lombardia, con la sua forza produttiva e la sua proiezione internazionale, aspira a un’Unione Europea che riconosca e valorizzi il ruolo delle regioni, promuovendo un modello di sviluppo equilibrato e sostenibile.
È necessario un cambio di passo, un ripensamento profondo del quadro finanziario pluriennale, che garantisca la flessibilità, la trasparenza e l’efficacia degli interventi, preservando l’autonomia decisionale delle regioni e sostenendo la loro capacità di contribuire alla crescita e alla competitività dell’Unione Europea nel suo complesso.
Un’Europa che non ascolta le voci delle sue regioni più dinamiche rischia di perdere la sua stessa vitalità.