L’emergenza demografica canina in Trentino-Alto Adige, e più ampiamente nel panorama alpino, sta richiedendo una riflessione strutturale e, soprattutto, coerente.
L’attenzione mediatica recente, focalizzata su proposte di tassazione che, a una prima lettura, appaiono soluzioni rapide, rischia di mascherare le vere complessità del problema.
Non si tratta semplicemente di una questione di bilanci comunali o di gestione del territorio, ma di una sfida culturale e sociale che investe il rapporto tra uomo, animale e ambiente.
La discussione intorno a una potenziale imposta sui cani, spesso presentata come un intervento di controllo del fenomeno dell’abbandono e di recupero dei costi sostenuti per la gestione del randagismo, necessita di un’analisi più approfondita.
Affermare che una tassa possa scoraggiare l’abbandono, ignorando le motivazioni profonde che spingono un proprietario a rinunciare al proprio animale, sarebbe un errore gravissimo.
L’abbandono è un problema complesso, radicato in dinamiche socio-economiche, in mancanza di consapevolezza delle responsabilità che derivano dall’adozione di un animale domestico e, spesso, in difficoltà personali insormontabili.
Una tassazione, se applicata in maniera indiscriminata, potrebbe penalizzare i proprietari responsabili e ben intenzionati, coloro che investono tempo, risorse e cure per i propri cani, e finire per incentivare comportamenti elusivi o l’abbandono in aree meno controllate.
Si rischia, in sostanza, di spostare il problema piuttosto che risolverlo.
In alternativa, si dovrebbe puntare su una politica integrata che comprenda: un’educazione civica capillare, fin dalla tenera età, sull’importanza del rispetto degli animali e delle responsabilità di un proprietario; un potenziamento dei servizi di microchippatura e registrazione, per facilitare l’identificazione dei proprietari in caso di abbandono; un sostegno economico alle famiglie in difficoltà, per evitare che l’animalismo diventi un peso insostenibile; e una revisione della legislazione vigente, per inasprire le sanzioni nei confronti degli abbandonatori e per promuovere l’adozione responsabile.
Per quanto riguarda il turismo, l’introduzione di una leggera maggiorazione alla tassa di soggiorno per i proprietari di cani potrebbe rappresentare una soluzione più equilibrata, a patto che i ricavi siano destinati a finanziare servizi dedicati al benessere animale, come aree di sgambamento attrezzate, cliniche veterinarie convenzionate e progetti di sensibilizzazione.
L’obiettivo non deve essere quello di demonizzare i proprietari di cani, ma di promuovere una convivenza armoniosa e responsabile, in cui il benessere animale sia riconosciuto come un valore imprescindibile per la comunità.
Una politica efficace richiede visione, sensibilità e, soprattutto, l’abbandono di soluzioni semplicistiche a favore di interventi strutturali e a lungo termine.
Il futuro delle nostre montagne, e la loro capacità di accogliere uomini e animali in serenità, dipendono dalla nostra capacità di agire con lungimiranza e responsabilità.







