Reggio Emilia, 25 settembre – Un caso di profonda violazione dei diritti umani e di dinamiche familiari disfunzionali ha portato alla luce una spirale di abusi e coercizione che si sarebbe protratta per oltre un decennio.
Due uomini, padre (59 anni) e cognato (51 anni), entrambi di origine indiana, sono ora sotto indagine per una serie di condotte vessatorie e violente nei confronti della moglie del primogenito e dei loro figli, in un contesto di controllo assoluto e manipolazione psicologica.
Le indagini, condotte dai carabinieri di San Martino in Rio, hanno ricostruito un quadro allarmante, iniziato nel 2009, subito dopo l’arrivo in Italia della donna, moglie del 59enne.
La dinamica rivela una forma di oppressione sistematica, che ha eroso l’autonomia e la dignità delle vittime, configurandosi come un vero e proprio regime di controllo economico, fisico e psicologico.
La donna, pur essendo la principale fonte di reddito familiare, si è trovata in una posizione di totale dipendenza.
I suoi guadagni venivano sistematicamente dirottati su un conto bancario cointestato a suo marito, ma al cui accesso veniva preclusa.
Questa situazione finanziaria precaria la rendeva vulnerabile e priva di risorse per sottrarsi alla situazione di abuso.
La figlia maggiore, fin da tenera età, è stata esposta a un clima di umiliazione e violenza.
Le prime manifestazioni di abuso, già riscontrabili all’età di sette anni, si sono poi evolute in forme di controllo sempre più invasive e restrittive.
La libertà di espressione e di scelta della giovane è stata progressivamente annullata, con imposizioni rigide riguardanti l’abbigliamento, il trucco, l’acconciatura e le relazioni sociali.
L’uso del cellulare era monitorato costantemente, un meccanismo volto a perpetuare il controllo e a impedire qualsiasi forma di contatto esterno.
Anche il figlio minore, inizialmente protetto dalla sua mascolinità, è stato poi coinvolto nella spirale di violenza, subendo aggressioni fisiche e insulti che hanno segnato profondamente il suo percorso di crescita.
L’accusa di minacce di sottrazione dei documenti alla donna rappresenta un elemento particolarmente grave, rivelando l’intenzione di immobilizzarla e privarla di ogni possibilità di fuga.
Questa condotta, unita alle aggressioni fisiche e alla manipolazione psicologica, configura un quadro di vero e proprio abuso domestico che ha lasciato cicatrici profonde nelle vittime.
La denuncia presentata dalla donna e dalla figlia maggiore ha permesso di avviare un’indagine che ha portato alla disposta, da parte del Gip, di una misura cautelare che impone il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalle vittime e il divieto di comunicazioni di qualsiasi tipo, con l’applicazione del braccialetto elettronico per i due indagati.
L’intervento delle autorità giudiziarie rappresenta un passo fondamentale per tutelare la sicurezza e la dignità delle vittime e per avviare un percorso di recupero e ricostruzione della loro vita.
L’episodio pone l’accento sulla necessità di una maggiore sensibilizzazione verso le dinamiche di controllo e manipolazione all’interno delle famiglie, soprattutto in contesti di immigrazione e di differenze culturali.