L’immagine risuona potente: un cielo di un azzurro quasi irreale, interrotto da pennellate di nuvole leggere, come un presagio di speranza infranta.
È la tela su cui Andrea Villa, street artist torinese, ha dipinto il suo lutto e la sua indignazione, dedicando l’opera a Paolo Mendico, il giovane strappato alla vita a causa di un bullismo insidioso e pervasivo.
Un’immagine iconica, il volto di Paolo che sorride mentre suona il basso, metamorfosata in una figura alata, un’aspirazione soffocata.
La citazione di Lucio Corsi, “gli misero un’armatura di 6 quintali ma nessuno pensò di mettergli le ali”, non è solo un verso, ma un’accusa lacerante, una denuncia silenziosa.
Villa, con la sua arte, non si limita a commemorare una perdita, ma vuole illuminare un abisso: l’incapacità, o la volontà negata, di riconoscere e sostenere la fragilità umana.
La sua esperienza personale, segnata anch’essa da episodi di bullismo, lo rende particolarmente sensibile alla sofferenza di Paolo.
L’opera non è un atto di pietà, ma un grido di allarme, una chiamata alla responsabilità collettiva.
Il manifesto, affisso in corso Regina Margherita, non è solo un’opera d’arte urbana, ma un monito, una finestra aperta su un dramma che si ripete troppo spesso.
Il peso dell’armatura, la metafora scelta da Villa, rappresenta il fardello emotivo, le ferite invisibili che il bullismo infligge.
Non è solo una questione di prepotenza fisica, ma di isolamento, di umiliazione sistematica, di una mancanza di empatia che paralizza e distrugge.
La citazione di Corsi, con la sua potenza lirica, sottolinea l’assurdità di un sistema che opprime il potenziale umano, che soffoca l’innocenza, che impedisce la libertà di espressione.
Paolo voleva volare, voleva esprimere se stesso attraverso la musica, ma è stato schiacciato sotto il peso delle aspettative, delle critiche, della crudeltà.
L’artista non offre risposte semplici, né soluzioni immediate.
Il suo gesto è un invito alla riflessione, un appello a creare un ambiente scolastico, e sociale più accogliente, più inclusivo, dove ogni individuo possa sentirsi ascoltato, compreso e sostenuto.
Un luogo dove le ali possano finalmente spiegarsi, libere di solcare il cielo.
La memoria di Paolo Mendico, attraverso l’arte di Andrea Villa, diventa così un seme di speranza, un invito a coltivare un futuro più umano.