venerdì 26 Settembre 2025
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Palermo

Agricoltori in Piazza: Otto Migliaia per Giustizia in Sicilia

Un fiume di volti, ottomila agricoltori provenienti da tutta la Sicilia e dalla Calabria, ha invaso le strade di Palermo, in un corteo che si è diretto verso il cuore istituzionale della Regione Siciliana, Palazzo d’Orleans.

La manifestazione, parte di un movimento più ampio che coinvolge anche Bari e altre città, rappresenta un grido d’allarme, un’urgente richiesta di giustizia per un settore agricolo soffocato da dinamiche complesse e iniquità strutturali.
Il malcontento non è semplicemente un lamento per le attuali condizioni di mercato, ma l’espressione di una profonda crisi esistenziale.
Francesco Ferreri, presidente di Coldiretti Sicilia, ha tracciato un quadro impietoso: un crollo vertiginoso dei prezzi del grano che contrasta con l’impennata dei costi di produzione, creando una forbice insostenibile per le aziende agricole.

Questa disparità non è casuale, ma il risultato di un sistema che premia la concorrenza sleale.
Il problema non è solo la volatilità dei prezzi, ma la mancanza di trasparenza lungo tutta la filiera.
Mentre il consumatore paga un euro e due per un chilo di pasta o cinque euro per una pagnotta, l’agricoltore riceve una manciata di centesimi, insufficienti a coprire anche i costi minimi di produzione.

Questo divario drammatico rivela la presenza di attori speculativi che si arricchiscono a spese dei produttori, alimentando una spirale di impoverimento che minaccia la tenuta stessa del settore.
La siccità, un fattore aggravante negli ultimi anni, ha ulteriormente penalizzato la produzione agricola siciliana, esacerbando le difficoltà economiche e mettendo a rischio la sopravvivenza di numerose aziende.
Ma il problema è più profondo: si tratta di una competizione distorta, in cui il grano italiano, frutto di tecniche agricole avanzate, spesso biologiche, e attento alla sostenibilità ambientale, si scontra con prodotti importati da Paesi dove standard sanitari, ambientali e sociali sono inferiori o semplicemente ignorati.
L’uso di sostanze chimiche per l’essiccazione, ad esempio, solleva preoccupazioni per la salute pubblica e mette in discussione la qualità intrinseca del grano italiano.
La protesta non è un semplice appello per sussidi o protezionismo, ma una richiesta di giustizia distributiva, di un sistema che valorizzi il lavoro dell’agricoltore e che riconosca il valore del grano siciliano, simbolo di una cultura millenaria e di un territorio ricco di biodiversità.

È necessario un intervento strutturale, che promuova la trasparenza lungo tutta la filiera, che tuteli la qualità dei prodotti italiani e che garantisca una giusta remunerazione per chi produce il cibo che nutre il Paese.

Solo così si potrà scongiurare la scomparsa di un settore strategico per l’economia e l’identità della Sicilia.

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