Il tessuto economico italiano si trova ad affrontare una sfida strutturale di portata epocale: la carenza di manodopera, lungi dall’essere una previsione futura, si manifesta con urgenza crescente in tutti i settori produttivi.
Il convegno “International Mobility”, promosso da Confindustria Alto Adriatico e dall’Associazione Italiana Direzione del Personale, ha offerto un’analisi approfondita delle dinamiche migratorie e delle loro implicazioni per il sistema economico nazionale.
Il declino demografico italiano, caratterizzato da un tasso di natalità in costante diminuzione e un progressivo invecchiamento della popolazione, crea uno squilibrio demografico drammatico.
Questa tendenza contrasta nettamente con la crescita demografica di alcune regioni africane, evidenziando la necessità impellente di integrare forza lavoro straniera per colmare il divario di competenze.
Le imprese si trovano a navigare in questo scenario con una crescente sensibilità alla perdita di professionalità cruciali.
Maria Raffaella Caprioglio, presidente di Umana, ha sollevato una questione fondamentale: la consapevolezza della gravità del deficit di risorse umane sembra latente, sebbene i primi segnali di difficoltà emergano già a livello della scuola secondaria, indicando una potenziale disconnessione tra sistema educativo e fabbisogno del mercato del lavoro.
La crisi si fa particolarmente sentire in Italia, un paese con una forte vocazione manifatturiera.
Il recente calo della produzione industriale del 4,5% a gennaio 2024, come sottolineato da Carlo Alberto Papaccio, HR Director del Gruppo Marzotto, è un campanello d’allarme.
La prospettiva storica offre una chiave di lettura significativa: nel corso del XX secolo, un’onda migratoria ha visto 29 milioni di italiani lasciare il Paese in cerca di opportunità.
Paradossalmente, dal 2000 al 2005, l’afflusso di immigrati ha superato i 4 milioni, portando il numero di residenti stranieri a circa 5,4 milioni.
Questo movimento migratorio, seppur in direzione opposta, illustra la vulnerabilità strutturale del mercato del lavoro italiano e la sua dipendenza da flussi di forza lavoro esterna.
Giuseppe Del Col, vice d.
g.
Confindustria AA, ha criticato la politica migratoria attuale, definendola “artigianale e burocratizzata,” inefficace nel rispondere alle reali esigenze delle imprese.
In questo contesto, emerge il Progetto Ghana come esempio virtuoso, nato sotto l’egida del Decreto Cutro e voluto dal presidente di Confindustria AA, Michelangelo Agrusti.
L’iniziativa risponde direttamente alle richieste del mondo imprenditoriale, garantendo lavoratori formati dai Salesiani, inseriti in somministrazione per un periodo di un anno.
Caprioglio ha inoltre evidenziato un’ottimizzazione significativa del percorso formativo, ridotto da nove a quattro-cinque mesi, segno di un’evoluzione continua e di un’attenzione alla rapidità di inserimento nel mondo del lavoro.
Il progetto Ghana, dunque, rappresenta un modello di eccellenza, un laboratorio di soluzioni per affrontare la sfida demografica e colmare il gap di competenze, offrendo una prospettiva concreta per un’integrazione efficace e sostenibile.
La sua replicabilità e l’ampliamento a ulteriori paesi rappresentano una priorità strategica per il futuro del sistema economico italiano.