L’arrivo della petroliera Seasalvia al porto di Taranto ha generato una nuova ondata di protesta, alimentata da una crescente indignazione per il suo presunto ruolo di supporto logistico alle operazioni militari israeliane.
La nave, con a bordo 30.000 tonnellate di greggio, si apprestava a rifornire l’aviazione israeliana, scatenando una mobilitazione popolare che si è concretizzata in un presidio al varco est, riprendendo l’azione di due giorni prima.
Nonostante i tentativi di bloccare l’approdo, le autorità hanno autorizzato l’attracco, generando ulteriore frustrazione tra i manifestanti.
La protesta si inserisce in un contesto più ampio di crescente solidarietà verso la popolazione palestinese, in particolare in seguito agli eventi tragici in corso a Gaza.
La decisione di rifornire l’aviazione israeliana è percepita, come sottolinea il movimento Giustizia per Taranto, come un atto di profonda gravità, un’offesa diretta alla città e al suo sdegno per il genocidio in atto.
L’azione di protesta, organizzata da un variegato fronte di forze sociali e sindacali – tra cui Usb, Cobas, Taranto per la Palestina, Giustizia per Taranto e il Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti – non si limita a un semplice atto di opposizione all’approdo della Seasalvia.
Si tratta di un segnale di una più ampia rivendicazione di responsabilità e giustizia, un tentativo di connettere la lotta locale con una battaglia globale.
La tensione è palpabile.
Durante il presidio, si sono verificate dinamiche conflittuali tra gli stessi manifestanti, culminate in un episodio di violenza in cui un dirigente dell’Usb ha subito lesioni che hanno richiesto intervento medico.
Questo episodio sottolinea la crescente polarizzazione e la complessità emotiva che caratterizzano il contesto della protesta.
Le iniziative di mobilitazione non si esauriscono con l’attracco della nave.
Gli attivisti hanno annunciato la pianificazione di ulteriori azioni, tra cui possibili sit-in davanti alla raffineria Eni, per interrompere il flusso delle autobotti e impedire il rifornimento.
Un elemento di novità è l’emergenza di un cambio di destinazione: inizialmente diretta in Israele, la Seasalvia è ora indirizzata verso Porto Said.
Questa modifica, pur offrendo un apparente sollievo, non placita la determinazione dei manifestanti, che intendono mantenere alta l’attenzione sulla questione.
La protesta di Taranto si connette a un evento parallelo: una manifestazione indetta dal coordinamento per la Palestina a Grottaglie, con un corteo diretto allo stabilimento Leonardo.
L’organizzazione sindacale sottolinea l’importanza di coordinare le strategie di opposizione, condividendo esperienze e rafforzando la solidarietà.
L’obiettivo ultimo è il blocco totale delle attività della Raffineria Eni fino a quando il carico di greggio non sarà interrotto e la nave non lascerà il porto vuota, un atto simbolico e concreto di resistenza contro un sistema percepito come intrinsecamente ingiusto.