La comunità sarda è ancora scossa dalla tragica scomparsa di Cinzia Pinna, la giovane donna di 33 anni trovata senza vita in una tenuta tra Palau e Arzachena, a distanza di oltre un mese dalla sua sparizione, avvenuta l’11 settembre.
Il caso, che ha rapidamente assunto i contorni di un dramma di violenza e mistero, è ora al centro di accertamenti medico-legali cruciali per ricostruire la dinamica degli eventi e chiarire le circostanze che hanno portato alla morte di Cinzia.
Emanuele Ragnedda, 41enne imprenditore vinicolo e principale sospettato, è detenuto a Tempio Pausania e ha confessato l’omicidio.
La sua versione dei fatti, esposta in presenza dei suoi legali, del procuratore e della sostituta procuratrice, sostiene una difesa per legittima difesa, sostenendo di essere stato aggredito dalla vittima e di aver reagito con l’uso di un’arma da fuoco.
Questa affermazione solleva interrogativi urgenti sulla sequenza degli eventi e sulla possibilità di una colluttazione precedente all’omicidio, elementi che saranno al centro dell’analisi dei medici legali attraverso esami approfonditi, inclusa una TAC.
L’esattezza del numero di colpi sparati, un dettaglio cruciale per confermare o smentire la sua versione, emergerà dall’autopsia e dagli accertamenti in corso, a cui assisterà anche un consulente tecnico nominato dalla difesa.
La condizione del corpo, gravemente compromessa dagli elementi atmosferici e dall’esposizione agli animali selvatici, ha inizialmente ostacolato il riconoscimento da parte della famiglia.
La ricostruzione forense sarà pertanto fondamentale per accertare i segni di una possibile resistenza da parte della vittima e, più in generale, per determinare l’esatta causa del decesso.
Le indagini, coordinate dalla Procura di Tempio Pausania, non si limitano alla confessione dell’imputato.
Sono emerse infatti informazioni significative sulla presenza di almeno due persone sul luogo del delitto nei giorni successivi alla scoperta del corpo.
Questi soggetti, potenzialmente complici, avrebbero presumibilmente collaborato con Ragnedda per ripulire la scena del crimine, eliminando tracce di sangue e facendo sparire oggetti personali della Pinna, incluso il suo telefono cellulare, la cui localizzazione rappresenta un elemento chiave per l’inchiesta.
L’identificazione e l’interrogatorio di queste persone potrebbero fornire elementi decisivi per comprendere la portata della rete di persone coinvolte e per ricostruire completamente il quadro degli eventi.
La loro collaborazione, volontaria o meno, getta un’ombra inquietante sulla vicenda, suggerendo una premeditazione e una complessità che vanno al di là della mera difesa personale invocata dall’imputato.