Il declino industriale del nostro Paese, come emerge da una recente analisi condotta dalla FIOM-CGIL, assume contorni sempre più delineati attraverso la lente dei dati Stellantis.
Un quadro preoccupante si dipana, segnando un profondo ridimensionamento della presenza del gruppo automobilistico sul territorio italiano.
Nel corso dei soli quattro anni compresi tra il 2020 e il 2024, l’organico di Stellantis ha subito una contrazione significativa, registrando una perdita di ben 9.656 dipendenti, passando da 37.288 a 27.632 unità.
Questo dato, di per sé allarmante, è solo la punta dell’iceberg di una tendenza ben più ampia che si protrae nel tempo.
Considerando un arco temporale più ampio, vent’anni, dal 2004 al 2024, la riduzione della produzione automobilistica è drammatica: 515.944 veicoli in meno hanno lasciato gli stabilimenti italiani.
Se si includono anche i veicoli commerciali, la perdita complessiva si aggrava ulteriormente, raggiungendo il dato consistente di 520.798 unità.
I numeri del 2024, anno di riferimento dell’indagine FIOM, restituiscono un’immagine desolante: sono state prodotte soltanto 289.154 autovetture e 190.784 veicoli commerciali.
Questi volumi, se messi a confronto con quelli di vent’anni fa, testimoniano una drastica diminuzione della capacità produttiva del Paese e riflettono un progressivo spostamento degli investimenti e delle strategie aziendali.
L’analisi della FIOM-CGIL non si limita a presentare dati quantitativi, ma ne interpreta le implicazioni, evidenziando un “sostanziale disimpegno” di Stellantis nei confronti dell’Italia.
Questa interpretazione suggerisce un potenziale abbandono di una parte significativa del patrimonio industriale e delle competenze accumulate nel corso dei decenni, con conseguenze pesanti per l’occupazione, l’indotto e il tessuto economico del Paese.
La segretario generale della FIOM, Michele De Palma, definisce questa situazione come “un fallimento”, sottolineando la gravità delle scelte aziendali e le ripercussioni negative che esse comportano per i lavoratori, le comunità locali e l’intero sistema produttivo nazionale.
La perdita di posti di lavoro e la diminuzione della produzione non sono solo numeri da analizzare, ma simboli di un disagio sociale ed economico che richiede interventi mirati e una strategia industriale nazionale capace di contrastare la delocalizzazione e di valorizzare le eccellenze del Made in Italy.