La flottiglia umanitaria diretta a Gaza, orfana del supporto delle navi di protezione, affronta una fase cruciale del suo viaggio.
La comunicazione in diretta con l’europarlamentare Annalisa Corrado, a bordo di una delle imbarcazioni della Global Sumud Flotilla, e il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, ha delineato una situazione di crescente tensione, sottolineando la vulnerabilità della missione in acque internazionali.
La decisione delle navi di protezione di ritirarsi, motivata da preoccupazioni di sicurezza, lascia la flottiglia esposta a rischi già sperimentati in missioni precedenti, con il pericolo di intercettazioni illegittime e sequestri.
Nonostante questo, l’equipaggio e i passeggeri, animati da un profondo spirito pacifista, ribadiscono l’impegno a portare a termine la missione, con un carico di circa 45 tonnellate di aiuti umanitari destinati alla popolazione palestinese.
L’europarlamentare Corrado ha espresso un forte appello all’Italia, invitando il governo a rivedere la propria posizione nei confronti del conflitto israelo-palestinese, auspicando il riconoscimento dello Stato di Palestina e una cessazione dei rapporti commerciali e militari con Israele.
La missione, pertanto, si configura come un atto di dissenso, una dimostrazione concreta dell’esistenza di un’Italia che si schiera a fianco dei diritti umani e della giustizia globale.
Yassine Lafram, presidente dell’Unione delle Comunità islamiche italiane, presente a bordo, ha lanciato un monito sulla possibilità di un abbordaggio durante la notte, esprimendo la speranza di un trattamento rispettoso della dignità e dell’incolumità fisica di tutti i partecipanti.
Lafram ha inoltre rivolto una critica a chi invita la flottiglia a desistere, esortandoli a rivolgere la stessa determinazione al premier Netanyahu, evidenziando un giudizio severo nei confronti del ruolo dell’Italia, accusata di essere complice del dramma di Gaza attraverso il transito di armamenti nei porti nazionali.
L’azione della flottiglia, dunque, si presenta come un atto di resistenza civile, un grido di denuncia verso un sistema internazionale percepito come sordo alle sofferenze della popolazione palestinese, e un invito a un cambio di paradigma nelle relazioni internazionali.