In Umbria, un’ombra persiste nel panorama occupazionale, manifestandosi attraverso la presenza di 1.515 lavoratori gravati da contratti irregolari, una quota pari al 2,3% del totale attivo nei settori chiave del terziario, del commercio, del turismo e degli esercizi pubblici – comparti che, complessivamente, impiegano oltre 65.000 dipendenti.
Questa situazione, pur collocando la regione al di sotto della media nazionale (3,51%), rivela una fragilità strutturale che necessita di un’analisi più approfondita.
L’incidenza dei contratti irregolari non è distribuita uniformemente sul territorio regionale.
Mentre a livello nazionale Vibo Valentia detiene l’infausto primato con quasi il 27% dei lavoratori in condizioni precarie, e Treviso si attesta come l’area più virtuosa, le province umbre di Terni (2,9%) e Perugia (2,11%) occupano posizioni intermedie, segnalando comunque una vulnerabilità significativa.
Questo dato quantitativo deve essere interpretato alla luce del ruolo cruciale che il turismo e il commercio svolgono nell’economia umbra, settori particolarmente esposti alla concorrenza sleale derivante dall’impiego di manodopera a basso costo e senza adeguate tutele.
Il fenomeno dei contratti irregolari non è semplicemente una questione economica, ma solleva anche profonde implicazioni sociali e morali.
Lavoratori privi di contratti collettivi sono esposti a condizioni di lavoro spesso inaccettabili, con salari inferiori, orari eccessivi e assenza di garanzie in caso di malattia, infortunio o maternità.
Questa situazione non solo compromette il benessere individuale, ma erode anche il tessuto sociale, alimentando disuguaglianze e generando un senso di precarietà diffuso.
Come sottolinea Giorgio Mencaroni, presidente di Confcommercio Umbria, l’impatto negativo si estende ben oltre la sfera individuale.
L’utilizzo di contratti irregolari distorce la concorrenza, penalizzando le imprese che operano nel rispetto delle normative e investono nella formazione e nella sicurezza dei propri dipendenti.
Inoltre, la diffusione di pratiche illegali contribuisce a minare la credibilità del sistema economico regionale e a compromettere la qualità complessiva dell’occupazione.
La risposta a questa sfida richiede un approccio multidimensionale.
È necessario, innanzitutto, rafforzare i meccanismi di controllo e di vigilanza, intensificando l’attività di contrasto alle irregolarità.
Parallelamente, è fondamentale promuovere una cultura della legalità e della responsabilità sociale, sensibilizzando le imprese e i lavoratori sull’importanza del rispetto dei diritti e delle tutele previste dalla contrattazione collettiva.
Confcommercio Umbria si impegna attivamente in questo sforzo, avviando un dialogo costruttivo con le organizzazioni sindacali dei lavoratori per definire azioni concrete e condivise.
L’obiettivo è quello di promuovere contratti collettivi di qualità che non si limitino a garantire i minimi salariali, ma che prevedano anche forme di welfare integrativo, come l’assistenza sanitaria, la previdenza complementare e la formazione professionale.
Solo attraverso un impegno congiunto e duraturo sarà possibile eradicare questa piaga e costruire un futuro occupazionale più equo, sostenibile e prospero per l’Umbria.