Nel verbano-cusiano, si è conclusa con condanne significative una vicenda giudiziaria complessa e dolorosa, legata a un grave episodio di violenza sessuale di gruppo avvenuto nell’estate del 2022 a Stresa, sulle sponde del Lago Maggiore.
Il Tribunale di Verbania, presieduto dal giudice Mauro D’Urso, ha emesso sentenze che vedono coinvolti quattro imputati, tre uomini e una donna, originari del Sud America, rispettivamente di 19, 34, 36 e 31 anni.
L’accusa, supportata da un’approfondita istruttoria condotta dalla Procura di Verbania, aveva richiesto una condanna a otto anni per il reato di violenza sessuale di gruppo, aggravata dall’abuso delle condizioni di vulnerabilità psichica e fisica della giovane donna di 19 anni, anch’essa di origine sudamericana.
Il rito abbreviato ha portato a una riduzione della pena a sei anni e otto mesi per ciascun imputato, sebbene la sentenza apra la strada a un possibile appello entro quindici giorni.
Il caso ha sollevato interrogativi profondi sul fenomeno della violenza di genere, la pressione sociale e l’uso di alcol come elemento facilitante di comportamenti aggressivi e predatrici.
La ricostruzione dei fatti, come raccontata dalla vittima ai Carabinieri, colloca l’episodio nella notte tra il 24 e il 25 giugno 2022, a seguito di una serata trascorsa in un pub locale dove tutti i presenti avevano consumato quantità significative di alcol.
L’abuso di sostanze ha contribuito a creare una situazione di squilibrio di forze, sfruttata dai presunti aggressori per perpetrare un atto di grave ingiuria e violenza.
La decisione del giudice D’Urso non si è limitata alla valutazione della responsabilità penale degli imputati, ma ha anche considerato l’impatto emotivo e psicologico subito dalla giovane donna.
È stata infatti disposta un’indennità provvisionale di 50.000 euro a favore della vittima, la quale, profondamente traumatizzata dall’esperienza, ha lasciato Stresa e si è trasferita in un’altra regione, cercando di ricostruire la propria esistenza lontano dal luogo del trauma.
Elemento di particolare interesse è rappresentato dall’invio in Procura degli atti relativi a due testimoni, persone estranee al procedimento, che in una memoria difensiva presentata da uno degli imputati avevano fornito una versione contrastante dei fatti, sostenendo che la giovane si fosse presentata a casa loro in stato di sobrietà.
Queste dichiarazioni, sebbene apparentemente a discolpa degli imputati, sollevano dubbi sulla veridicità delle testimonianze e potrebbero configurare il reato di falsa testimonianza, aprendo un’ulteriore indagine parallela.
Il caso, dunque, non si chiude con la sentenza, ma si apre a nuove prospettive investigative e a un approfondimento del dibattito pubblico sulla necessità di prevenire e contrastare efficacemente la violenza di genere, garantendo giustizia e supporto alle vittime.