La drammatica erosione della biodiversità non è una mera retorica, ma una realtà misurabile, tangibile, che si manifesta con la scomparsa di specie animali e vegetali.
Un quadro inquietante emerge, ad esempio, nell’osservazione delle estinzioni avvenute nel mondo degli uccelli: oltre centotrenta specie sono scomparse in tempi storici, un decesso che il Museo La Specola, cuore del Sistema Museale dell’Università di Firenze, conserva attraverso le proprie collezioni.
La mostra “Dal dodo al chiurlottello.
Gli uccelli estinti del Museo La Specola”, inaugurata con gli interventi della rettrice Alessandra Petrucci, del presidente dello Sma David Caramelli e del curatore Fausto Barbagli, offre una riflessione profonda su questo fenomeno, esponendo esemplari unici e testimonianze preziose.
L’esposizione, aperta fino al 14 dicembre, presenta un panorama di creature straordinarie, cancellate dalla Terra a causa dell’azione umana.
Tra queste, spicca la colomba migratrice americana, un tempo specie dominante sul pianeta, decimata fino all’estinzione nel 1914.
Accanto ad essa, l’alca impenne, il fregilupo, il Nestore di Norfolk, l’emù nero, un piccolo struzzo endemico della Tasmania, e il chiurlottello, un volatile recentemente scomparso nel 2024, vittima della caccia spietata e della distruzione del suo habitat naturale, le paludi che lo ospitavano.
Un ulteriore tocco di pathos è dato dalla presenza di un calco della testa di dodo, proveniente dal Museo di Oxford, simbolo potente della fragilità della vita.
Le cause di queste estinzioni sono molteplici e interconnesse.
Le cause dirette includono il traffico illegale di animali selvatici, finalizzato a soddisfare mercati di lusso e collezionismo, e l’introduzione di specie aliene, spesso invasive, che competono con le specie autoctone per risorse limitate.
Le cause indirette, altrettanto devastanti, sono legate alla progressiva distruzione degli habitat naturali – deforestazione su scala globale, urbanizzazione incontrollata – all’inquinamento ambientale, che avvelena gli ecosistemi, e, sempre più pressante, ai cambiamenti climatici, che alterano i ritmi naturali e rendono gli ambienti inospitali.
Come sottolinea Fausto Barbagli, l’estinzione non si limita alla scomparsa dell’ultima copia di una specie; essa rappresenta la perdita irrecuperabile di un intricato mosaico di relazioni ecologiche, un sistema di interdipendenze che si disgrega con ogni perdita.
Ogni specie estinta porta con sé un frammento inestimabile del patrimonio naturale, impoverendo il tessuto della vita sulla Terra.
La mostra, quindi, si configura come un severo monito, un appello alla responsabilità nei confronti della natura e un richiamo al dovere di proteggerla con urgenza.
L’evento rafforza inoltre il ruolo internazionale di La Specola come istituzione di primaria importanza nella documentazione storica della biodiversità, un valore celebrato quest’anno nel bicentenario delle sue collezioni naturalistiche, testimonianza di un impegno secolare nella tutela del nostro pianeta.