A distanza di due anni e mezzo dall’udienza preliminare che avrebbe dovuto dirimere la questione dell’archiviazione, il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) di Bologna, Andrea Romito, ha sospeso la decisione, sollevando una rilevante questione di legittimità costituzionale che investe il caso di Paola, un’anziana signora di 89 anni affetta da una grave malattia di Parkinson in fase avanzata.
L’episodio, risalente all’8 febbraio 2023, ha visto la signora accompagnata in Svizzera per ricevere un’assistita conclusione del proprio percorso vitale.
L’indagine coinvolge figure chiave dell’associazione Luca Coscioni, tra cui Marco Cappato, tesoriere, e le attiviste Felicetta Maltese e Virginia Fiume, accusate di possibili complicità.
Al centro della disputa legale si colloca l’articolo 580 del codice penale, che punisce l’istigazione o l’assistenza al suicidio, e, in particolare, la sua interpretazione alla luce del requisito del “trattamento di sostegno vitale”.
L’associazione Luca Coscioni ha espresso chiaramente la propria posizione, sottolineando che Paola, pur mantenendo una lucidità e consapevolezza cognitive intatte, non era sottoposta a terapie salvavita indispensabili per la sua sopravvivenza.
L’associazione sostiene che la signora non avrebbe potuto porre termine alla propria esistenza rifiutando semplicemente le cure mediche, ma solo attraverso un intervento di suicidio medicalmente assistito.
Il GIP, recependo l’argomentazione dell’associazione, ha evidenziato come l’imposizione del requisito del trattamento di sostegno vitale, introdotto dalla sentenza n.
242/2019 della Corte Costituzionale – che ha aperto la strada al suicidio assistito in Italia sotto stringenti condizioni – generi una disparità di trattamento tra i pazienti.
Tale limitazione, secondo il giudice, impedisce a coloro che soffrono di condizioni irreversibili e intollerabili di esercitare in maniera piena e completa il proprio diritto all’autodeterminazione, un principio cardine del nostro ordinamento.
La questione sollevata dal GIP pone in discussione il rispetto dei principi costituzionali di uguaglianza, libertà personale e diritto alla vita privata, oltre alla conformità con l’articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).
Questo è il capitolo ottavo di una complessa vicenda legale che, nel corso degli anni, ha ripetutamente portato il tema del “fine vita” all’attenzione della Corte Costituzionale, sottolineando la persistente necessità di un dibattito etico e giuridico approfondito su questioni delicate e controverse, che intrecciano la tutela della dignità umana, il diritto all’autodeterminazione e i limiti dell’intervento dello Stato.
La decisione della Corte Costituzionale, in questo caso, potrebbe avere ripercussioni significative sull’interpretazione e l’applicazione della legge in materia di assistenza alla morte.