Un’immersione nel disegno e nella materia: gli studenti della Royal Danish Academy of Architecture studiano l’ampliamento del cimitero di Jesi, un’opera monumentale firmata da Leonardo Ricci.
La visita, condotta direttamente da Silvano Rossini, co-progettista e testimone privilegiato del processo creativo, offre un’occasione unica per analizzare in dettaglio un esempio emblematico del brutalismo italiano, spesso sottovalutato nel panorama architettonico nazionale.
L’ampliamento del cimitero, realizzato tra il 1984 e il 2001 in collaborazione con Franco Luminari, non è semplicemente un complesso di sepolture, ma un vero e proprio organismo architettonico che interroga il concetto stesso di memoria e di spazio pubblico.
Ricci, ispirato da un approccio radicale e anti-convenzionale, rifiuta l’iconografia tradizionale dei cimiteri, eliminando simboli religiosi e percorsi gerarchici.
L’assenza di un centro compositivo definito e la rinuncia a una narrazione lineare favoriscono un’esperienza di scoperta progressiva, un labirinto di forme e volumi che stimola la riflessione individuale.
La materialità del cemento armato, esaltata dalla sua cruda espressività, diventa protagonista indiscussa.
Le superfici, deliberatamente aspre e angolari, rivelano le sequenze costruttive e la struttura portante, enfatizzando l’onestà e la funzionalità dell’architettura.
La ripetizione modulare delle nicchie funerarie, organizzate in blocchi sovrapposti, disallineati e talvolta aggettanti, crea un ritmo visivo complesso e dinamico, che si contrappone alla rigidità apparente delle forme geometriche.
L’uso strategico delle scale e delle rampe, che si intersecano in modo inatteso, crea percorsi non convenzionali, eliminando la presenza di vie primarie e punti di vista privilegiati.
Questa scelta architettonica invita l’osservatore a vagare liberamente, a perdersi e a ritrovarsi nello spazio, instaurando un rapporto intimo e personale con il luogo.
L’assenza di una prospettiva dominante spinge a una percezione frammentata e poliedrica dell’ambiente, accentuando la sua dimensione contemplativa.
Il culmine dell’intervento si materializza nella forma di una piramide, elemento geometrico audace che si erge come punto di riferimento visivo e panoramico sulla città di Jesi.
La sua presenza, apparentemente incongrua, funge da catalizzatore di senso, invitando a una riflessione sulla relazione tra l’architettura, il paesaggio e il tempo.
Questa struttura, con la sua geometria tagliente, assume il ruolo di faro, illuminando il percorso verso una comprensione più profonda dell’opera nel suo complesso.
La visita, quindi, si configura come un’opportunità per gli studenti danesi di studiare in prima persona un esempio di architettura che sfida le convenzioni e invita a una lettura critica dello spazio funerario.