Decostruire il Silenzio: Un’Analisi Critica dei Luoghi Comuni sulla Violenza di GenereL’ombra della violenza maschile sulle donne continua a gravare sulla nostra società, alimentata spesso da una retorica pericolosa di minimizzazione e negazione.
Anna Ronfani, figura di spicco nel panorama legale e presidente di Telefono Rosa, ha compiuto un’operazione cruciale: mettere a nudo i luoghi comuni che fungono da scudo ideologico per perpetrare questo fenomeno.
L’iniziativa, inserita nel ciclo “Giornate della Legalità”, mira a disarticolare le false credenze che offuscano la percezione del diritto e ostacolano la giustizia.
L’evento inaugurale, con il titolo provocatorio “È stato solo un raptus”, ha visto un’aula magna del Palazzo di Giustizia riempirsi di studenti, testimoni di una riflessione profonda e scomoda.
Ronfani, con chiarezza e determinazione, ha smontato un decalogo di assurdità, esponendo le fondamenta sociali e culturali su cui si basano.
Uno dei pilastri di questa retorica è la semplificazione biologica: ridurre la violenza a una patologia specifica, attribuendola ad alcolismo, tossicodipendenza o disturbi mentali.
Sebbene queste condizioni possano esacerbare la tendenza alla violenza, non ne rappresentano la causa unica.
I dati di Telefono Rosa rivelano una realtà inquietante: la maggior parte degli aggressori sono uomini italiani, negando la narrazione secondo cui la violenza sarebbe un problema marginale legato a dinamiche interculturali.
Altrettanto insidiosi sono i luoghi comuni che riguardano la relazione di coppia.
L’affermazione “Se lui ha agito così, è perché lei avrà fatto qualcosa” o “Se la situazione fosse stata grave, lei lo avrebbe lasciato” implicano una responsabilità della vittima, internalizzando una colpa che non le appartiene.
Queste frasi perpetuano un ciclo di silenzi e auto-colpevolizzazione, rendendo ancora più difficile per le donne chiedere aiuto e denunciare gli abusi.
Il tentativo di giustificare la violenza attraverso presunte differenze antropologiche – l’uomo “per natura” più aggressivo – è una distorsione pericolosa.
La violenza non è un istinto primordiale, ma un comportamento appreso, alimentato da modelli sociali e culturali che legittimano il potere maschile e la svalutazione delle donne.
La “natura” è un costrutto sociale, plasmato da valori e aspettative che possono essere modificati.
L’intervento di Nicodemo Gentile, avvocato di parte civile nel processo per l’omicidio di Giulia Cecchettin, ha portato una voce concreta e dolorosa alla discussione, ricordando il costo umano di questa piaga sociale.
Le testimonianze dei magistrati Lucia Musti, Chiara Canepa, Flavia Panzano, e della vicesindaca Michela Favaro, hanno ampliato la prospettiva, sottolineando l’importanza di un approccio multidisciplinare per contrastare la violenza di genere.
La battaglia contro la violenza maschile sulle donne non è solo una questione legale, ma un impegno culturale che richiede un cambiamento profondo nei modelli educativi, nelle rappresentazioni mediatiche e nelle relazioni interpersonali.
Decostruire i luoghi comuni è il primo passo verso una società più giusta e sicura, dove ogni donna possa vivere libera dalla paura e dalla violenza.
Il silenzio deve essere spezzato, la verità deve essere ascoltata, e la giustizia deve essere fatta.