Alessandria d’Egitto, punto di convergenza per i cinquemila partecipanti alla Global Sumud Flotilla, ha fatto da scenario a un episodio di dura repressione durante un tentativo di occupazione della stazione ferroviaria, un tentativo già replicato in diverse località italiane.
La risposta delle forze dell’ordine è stata immediata e violenta: cariche a catena hanno provocato feriti tra i manifestanti, evidenziando una frattura profonda tra l’ideale di democrazia e la realtà di un’applicazione selettiva della giustizia.
Come denunciano gli attivisti, questa stessa democrazia che appare indifferente, o addirittura complice, delle azioni del governo Netanyahu, si dimostra implacabile nel reprimere le voci che invocano pace e giustizia.
La resilienza dei manifestanti, tuttavia, non si piega sotto l’impatto di manganelli e azioni repressive.
La nota diffusa immediatamente dopo l’evento esprime una chiara intenzione: la mobilitazione non si arresterà, anzi si intensificherà, occupando nuovamente strade, piazze e luoghi simbolo.
La solidarietà, elemento cruciale di questa protesta, si rafforza esponenzialmente, diventando un motore inarrestabile.
La Global Sumud Flotilla, nonostante le difficoltà incontrate, non ha fallito nel suo intento primario: proiettare l’attenzione mondiale sul dramma del genocidio palestinese.
Ha svelato l’ipocrisia e la brutalità dell’azione governativa israeliana, sottolineando come l’inerzia dei governi, la loro scelta di rimanere spettatori, imponga un obbligo morale all’azione popolare.
Il vero fallimento, secondo gli attivisti, risiede nel tentativo di ridurre la coscienza collettiva a una passiva accettazione del massacro di un popolo.
La mobilitazione non è un semplice atto di protesta, ma un’affermazione di responsabilità verso un’umanità intera.
L’indifferenza, il silenzio complice, sono i veri nemici da combattere.
L’appuntamento di domani, con lo sciopero generale in programma, rappresenta una escalation nella determinazione e nella forza della protesta.
Non si tratta di un semplice evento, ma di una dimostrazione tangibile del rifiuto di rimanere indifferenti al dolore altrui, un atto di speranza e di resistenza che mira a trasformare l’indignazione in azione concreta, alimentando la fiamma di un futuro più giusto e pacifico per la Palestina e per il mondo intero.
La posta in gioco è la stessa: la dignità umana e la possibilità di un futuro basato sulla giustizia e sulla solidarietà.