L’avviso pubblico del Parco Archeologico del Colosseo, volto a definire un sistema di accredito per operatori turistici (B2B) separato dalla vendita al dettaglio (B2C) dei biglietti d’ingresso, ha superato la prova di legittimità costituzionale in sede giurisdizionale.
La sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio ha respinto il ricorso presentato da Italy Wonders Srl, confermando la validità del sistema implementato e sollevando un dibattito cruciale sulla gestione del patrimonio culturale e il ruolo degli intermediari turistici.
Il modello delineato dal Parco Archeologico prevede una procedura annuale in cui gli operatori qualificati presentano domanda per l’acquisto di biglietti, i quali vengono allocati in base a criteri predefiniti e sulla base della disponibilità effettiva.
Un elemento peculiare è l’applicazione di una tassa di 2 euro per ciascun biglietto prenotato, destinata presumibilmente a finanziare attività di gestione e valorizzazione del sito.
Italy Wonders, pur avendo ottenuto l’accreditamento, ha contestato specifiche disposizioni dell’avviso, argomentando che queste limitassero eccessivamente la flessibilità operativa degli operatori turistici.
In particolare, l’azienda ha contestato le restrizioni imposte sulla trasferibilità dei nominativi dei biglietti, il divieto di ricorrere a canali di acquisto alternativi al sistema B2B, e le modalità di quantificazione e distribuzione dei biglietti destinati al mercato B2B, giudicandole eccessivamente restrittive e potenzialmente dannose per la propria attività.
Il TAR ha rigettato il ricorso, riconoscendo la legittimità delle misure contestate.
I giudici hanno sottolineato che l’azione del Parco Archeologico si inserisce nel suo potere intrinseco di disciplinare l’accesso e la fruizione del bene culturale, stabilendo categorie di biglietti e modalità di emissione e distribuzione.
Un fattore determinante nella valutazione positiva del sistema è stato l’evidenziare delle pratiche commerciali scorrette, in particolare gli “accaparramenti massivi” di biglietti da parte di alcuni operatori turistici, finalizzati a rivendere a prezzi gonfiati.
La decisione del TAR evidenzia un conflitto di interessi tra la necessità di tutelare l’integrità e l’accessibilità del patrimonio culturale e gli interessi economici degli operatori turistici.
Le restrizioni imposte dal Parco Archeologico, pur limitando la libertà di mercato, appaiono giustificate dall’esigenza di contrastare fenomeni di speculazione e di garantire una fruizione equa e sostenibile del Colosseo.
La sentenza apre una riflessione più ampia sulla necessità di bilanciare l’accesso al patrimonio culturale con la regolamentazione delle attività commerciali ad esso connesse, e sulla responsabilità degli intermediari turistici nel contribuire a una fruizione consapevole e rispettosa del bene comune.
Il caso solleva, inoltre, interrogativi sulla trasparenza dei criteri di allocazione dei biglietti e sulla necessità di monitorare l’effettivo impatto del sistema B2B sulla fruizione del Colosseo da parte del pubblico generale.