La querela intentata in tribunale a Milano, guidata dallo studio legale torinese ‘Ambrogio e Commodo’ per conto del Moige (Movimento per le Organizzazioni Infantili e Giovani) e di un’ampia rappresentanza di genitori, solleva un problema di cruciale importanza per il benessere delle nuove generazioni: la necessità di una rigorosa applicazione del divieto di accesso ai social media per i minori di 14 anni.
L’udienza inaugurale, fissata per il 26 febbraio 2026, segna un punto di svolta in un confronto che mette a nudo le responsabilità delle piattaforme digitali e la loro insufficiente tutela dei più giovani.
La preoccupazione alla base di questa azione legale non è meramente ipotetica.
L’esposizione precoce e incontrollata ai contenuti online, spesso privi di filtri e supervisione adeguata, può esporre i ragazzi a rischi significativi.
Si parla di fenomeni di cyberbullismo, dipendenza psicologica, disturbi dell’immagine corporea, esposizione a contenuti inappropriati e persino alla manipolazione e sfruttamento.
Le piattaforme, pur essendo consapevoli di questi pericoli, si dimostrano spesso inerti nell’applicare le normative esistenti, consentendo l’iscrizione di minori in violazione del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR) e della recente normativa europea che vieta esplicitamente la raccolta di dati personali di utenti under 14.
Il divieto europeo, sebbene benintenzionato, si scontra con la difficoltà di una sua effettiva implementazione.
Le piattaforme, spinte dalla logica della crescita a ogni costo e dalla competizione per l’attenzione degli utenti, ricorrono a sistemi di verifica dell’età spesso inefficaci, facilmente aggirabili con informazioni false.
La situazione attuale configura una vera e propria falla nella protezione dei diritti dei minori, lasciandoli in balia di dinamiche digitali potenzialmente dannose.
La querela non si limita a denunciare l’inosservanza delle normative vigenti, ma mira a sollecitare un cambio di paradigma nel modo in cui le piattaforme concepiscono la loro responsabilità sociale.
Si tratta di richiedere un impegno concreto nella verifica dell’età, attraverso sistemi robusti e verificabili, e di investire in strumenti di protezione e sensibilizzazione per i giovani e le loro famiglie.
La questione non è semplicemente quella di bloccare l’accesso ai social media, ma di promuovere un uso consapevole e responsabile delle tecnologie digitali, garantendo un ambiente online sicuro e protettivo per i minori.
La battaglia legale rappresenta quindi un passo fondamentale per affermare il diritto dei giovani a crescere in un mondo digitale che rispetti la loro dignità e il loro benessere psicofisico.
Il tribunale, chiamato a pronunciarsi, avrà il compito di definire i limiti della libertà di espressione digitale e di affermare la priorità assoluta della tutela dei diritti fondamentali dei bambini e degli adolescenti.