sabato 4 Ottobre 2025
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Genova

Don Giovanni al Carlo Felice: una delusione per Mozart

La riapertura della stagione lirica al Teatro Carlo Felice, ieri sera, si è presentata come un evento carico di aspettative, segnato dalla presenza delle più alte cariche cittadine e da un pubblico numeroso, testimonianza del valore istituzionale e culturale dell’evento.

Tuttavia, la performance ha disatteso, in misura significativa, le speranze riposte, offrendo una rielaborazione di *Don Giovanni* che, lungi dall’essere un’interpretazione originale, si è rivelata una profonda infelicità rispetto al genio mozartiano.

L’opera di Mozart, un capolavoro che in collaborazione con Da Ponte ha dato vita a un eroe negativo complesso e affascinante, figura che si erge contro l’ordine cosmico, sfidando il divino e scontando, inesorabilmente, un destino all’inferno, è stata ridotta a una mera sequenza di atti sessuali, un’operazione che impoverisce il dramma e ne banalizza la profondità filosofica.
La forza propulsiva del personaggio, la sua ambiguità morale, la sua tragica solitudine, sono state soffocate sotto il peso di una rappresentazione superficiale e priva di significato.
La produzione proveniente dalla Fenice di Venezia, firmata da Damiano Michieletto (con la regia di Elisabetta Acella), con le scenografie di Paolo Fantin e i costumi di Carla Teti, risalente al 2010, appariva, al di là di ogni possibile giustificazione, anacronistica e stantia.
L’utilizzo di pannelli scenici rotanti, concepiti per suggerire stanze spogate e senza aperture sul mondo, ha generato un senso di claustrofobia e disorientamento, privando l’opera di qualsiasi ancoraggio temporale e geografico.

La scenografia, lungi dall’arricchire la narrazione, si è rivelata un elemento di distrazione, un ostacolo alla comprensione del dramma.

L’esecuzione musicale, affidata alla direzione di Constantin Trinks, non ha contribuito a risollevare il quadro generale.
L’interpretazione, priva di slancio emotivo fin dalla Ouverture, si è dimostrata carente di ispirazione e con pochi momenti di vera coesione.

Gli squilibri tra orchestra e palcoscenico erano frequenti, le dinamiche spesso esagerate, i tempi a volte affrettati, con una conseguente perdita della nitidezza e dell’eleganza che caratterizzano la musica di Mozart.

Si avvertiva una mancanza di rispetto per il tessuto musicale, un’incapacità di cogliere la sua intrinseca bellezza e la sua potenza comunicativa.
Il cast, composto da interpreti di talento quali Simone Alberghini (Don Giovanni), Desirèe Rancatore (Donna Anna), Jennifer Holloway (Donna Elvira), Chiara Maria Fiorani (Zerlina), Ian Koziara (Don Ottavio), Giulio Mastrototaro (Leporello), Mattia Denti e Alex Martini (Masetto), si è dibattuto in una situazione artistica compromettente, costretto a confrontarsi con una regia e una concezione scenica che ne limitavano l’espressività.
Alberghini, in particolare, si è trovato a dover interpretare un Don Giovanni deliberatamente antipatico, un personaggio che, lungi dall’essere affascinante e seducente, risultava sgradevole e respingente.

L’intera performance, pur nella buona volontà degli artisti coinvolti, si è rivelata un’occasione persa, un’occasione per celebrare un capolavoro immortale che, in questa occasione, è apparso stranamente smarrito e invecchiato.

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