La Procura di Milano ha impugnato in Cassazione la recente sentenza del Riesame che ha disposto la revoca degli arresti domiciliari di Manfredi Catella, amministratore delegato di Coima e figura centrale nell’ampia indagine che coinvolge dinamiche urbanistiche complesse.
Il ricorso, presentato dai pubblici ministeri Carlo Petruzzella, Laura Filippini e Roberto Clerici, coordinati dall’aggiunta diretta di Tiziana Sicilano, contesta la decisione del Riesame, ritenendola palesemente carente di logica e fondata su una valutazione insufficiente di elementi probatori cruciali.
L’atto di impugnazione non si limita a contestare la mera interpretazione delle prove, ma solleva un interrogativo di portata ben più ampia: la natura stessa delle dinamiche che hanno permeato la Commissione paesaggio.
I pm argomentano che l’indagine non debba essere circoscritta a presunte singole irregolarità o conflitti d’interesse isolati, bensì debba essere inquadrata all’interno di un quadro più ampio, caratterizzato da una consolidata e strutturata corruzione, non solo di natura pecuniaria ma anche ambientale, ovvero una collusione occulta che ha compromesso l’integrità del processo decisionale.
Questa “corruzione ambientale” – un termine chiave nell’atto di appello – descrive un sistema in cui pressioni indebite, favoritismi e un tacito accordo tra attori diversi (pubblici e privati) hanno distorto le regole del gioco, permettendo l’approvazione di progetti urbanistici che altrimenti sarebbero stati respinti.
I pubblici ministeri sottolineano come tale sistema abbia generato un clima di opacità e illegalità, in cui la corruzione si sia radicata profondamente, alimentando un ciclo vizioso di abusi e ingiustizie.
Il ricorso alla Cassazione mira quindi a restituire centralità all’analisi di questo contesto sistemico, ritenendo che la valutazione limitata operata dal Riesame abbia trascurato elementi essenziali per comprendere la gravità delle accuse mosse a Catella e agli altri indagati.
La Procura mira a ottenere dalla Suprema Corte una revisione della decisione, che tenga conto della complessità delle dinamiche di potere e della potenziale pervasività della corruzione all’interno della Commissione paesaggio, al fine di garantire una piena accertamento della verità processuale e una tutela efficace dell’interesse pubblico.
Il caso, oltre ad avere implicazioni dirette sulle persone coinvolte, solleva interrogativi fondamentali sulla trasparenza e l’imparzialità dei processi decisionali in materia di pianificazione urbanistica.