martedì 7 Ottobre 2025
20.3 C
Rome

Alzheimer, studio italiano apre speranza dall’epigenetica

(Adnkronos) – Nel complesso puzzle della malattia di Alzheimer, un pezzo fondamentale è stato appena messo al suo posto. Un team di ricerca internazionale, guidato da scienziati del Dipartimento di Medicina Sperimentale e del Centro di Ricerca in Neurobiologia 'Daniel Bovet' (Crin) della Sapienza Università di Roma, ha scoperto un sofisticato 'cross-talk' – un dialogo molecolare – tra due meccanismi chiave che regolano l’espressione dei nostri geni: la metilazione del Dna e i microRna. Questo dialogo, descritto oggi su 'Alzheimer's & Dementia', giornale ufficiale dell'Alzheimer's Association, controlla in modo diretto la produzione della proteina beta-amiloide, il cui accumulo nel cervello sotto forma di placche senili è considerato l'evento più rilevante della patologia. Per decenni, la ricerca sull'Alzheimer si è concentrata principalmente su come eliminare le placche di beta-amiloide, con risultati spesso deludenti. Molti farmaci progettati per questo scopo si sono rivelati inefficaci negli studi clinici. Per questo, la comunità scientifica sta spostando sempre più l'attenzione sui meccanismi che si trovano "a monte", ovvero su come regolare la produzione stessa di questa proteina che risulta “tossica” ma ha comunque un ruolo fisiologico. "La beta-amiloide è prodotta da due enzimi, delle vere e proprie 'forbici molecolari', che tagliano una proteina precursore più grande. Questi enzimi sono codificati dai geni Psen1 e Bace1. Il gruppo di ricerca della Sapienza, coordinato dal professor Andrea Fuso, aveva già dimostrato in passato che la produzione di Psen1 poteva essere ridotta attraverso un meccanismo epigenetico noto come metilazione del DNA. La metilazione agisce come un interruttore: quando un gruppo chimico (metile) viene aggiunto al Dna, il gene viene 'silenziato'", si legge nella nota. Tuttavia, restava da chiarire come venisse regolato Bace1, l'altra forbice molecolare fondamentale. Il nuovo studio svela che la regolazione di Bace1 è più complessa e avviene in modo indiretto. Ecco la catena di comando scoperta dai ricercatori: "La metilazione del Dna non agisce direttamente su Bace1, ma controlla l'espressione di un piccolo Rna regolatore, un microRna chiamato miR-29a. I microRna sono molecole che funzionano come 'silenziatori' di precisione: si legano a specifici geni e ne contrastano la traduzione in proteine. A sua volta, il miR-29a ha come bersaglio proprio il gene Bace1. Quando i livelli di miR-29a sono alti, la produzione di Bace1 viene repressa, e di conseguenza diminuisce anche la produzione di beta-amiloide. Il risultato – si legge nello studio – più sorprendente è che la metilazione del gene che produce miR-29a, anziché spegnerlo, ne aumenta l'espressione. Si tratta di un meccanismo epigenetico contro-intuitivo che svela una nuova, raffinata logica di controllo cellulare". In sintesi, la metilazione del Dna regola la produzione di beta-amiloide attraverso due percorsi: uno diretto, silenziando il gene Psen1, e uno indiretto, attivando il microRna 'protettivo' miR-29a che a sua volta spegne il gene Bace1. “Questa scoperta è come aver trovato la chiave di lettura di un processo di cui prima vedevamo solo il risultato finale" spiega Andrea Fuso, coordinatore dello studio. "Abbiamo capito che la cellula non usa un solo interruttore, ma un pannello di controllo integrato in cui Dna e microRna comunicano per regolare finemente un processo vitale, la cui alterazione è associata alla malattia. Questo è fondamentale per approcciare una patologia fortemente multifattoriale. È una svolta nella comprensione dei complessi meccanismi biomolecolari dell'Alzheimer". Questa scoperta non è solo un avanzamento fondamentale della conoscenza, ma apre anche a prospettive concrete. Nuove strategie terapeutiche: "L'intero sistema è modulato da un ciclo biochimico noto come 'one-carbon metabolism”, un processo cellulare influenzato da nutrienti come le vitamine del gruppo B e da molecole come la S-adenosilmetionina (Sam). Lo studio dimostra che fornendo Sam è possibile aumentare la metilazione, attivare il miR-29a e ridurre la produzione di beta-amiloide. Questo – prosegue il lavoro – suggerisce che molecole "metilanti" potrebbero essere usate non come semplici integratori, ma come veri e propri farmaci epigenetici in grado di aiutare a prevenire o rallentare la progressione della malattia". L’epigenetica al centro. "Oltre alla Sam, sono in fase di studio altri interventi che sembrano in grado di modulare la risposta epigenetica delle cellule, ad esempio la Vitamina K2 e i fattori presenti in estratti di cellule staminali e nelle uova di pesce (stamisoma). L’importanza di queste ricerche risiede nel fatto che i fattori epigenetici sembrano regolare anche altri processi molecolari associati alla malattia, quali la neuroinfiammazione, l’ossidazione, la funzione della barriera emato-encefalica", rivelano i ricercatori.  Potenziali biomarcatori. "Il profilo di metilazione di Psen1 ed i livelli di miR-29a potrebbero diventare un marcatore precoce della malattia o della risposta a un trattamento, misurabile con un semplice esame del sangue – suggerisce lo studio – Sempre lo stesso gruppo di ricerca ha infatti recentemente messo a punto un biosensore in grado di misurarne facilmente i livelli nei liquidi circolanti". Lo studio è stato condotto grazie a una collaborazione internazionale che ha coinvolto, oltre alla Sapienza, l'Università di Napoli "Federico II" e l'Università di Barcellona. “Comprendere come i nostri geni vengono accesi e spenti, con la possibilità di intervenire per regolare questi meccanismi, è una delle frontiere più promettenti della medicina moderna – conclude Fuso – Con questo lavoro, abbiamo aggiunto un tassello cruciale che non solo ci avvicina a capire l'Alzheimer, ma ci fornisce anche nuovi e promettenti bersagli su cui agire". 
—salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)

- pubblicità -
- pubblicità -
- pubblicità -
- pubblicità -