Nella tranquilla via Amendola di Gela, un drammatico evento ha squarciato la quiete, lasciando una comunità sgomenta e ponendo, ancora una volta, l’attenzione sulla piaga del femminicidio.
La sessantaquattrenne Veronica Abaza ha perso la vita per mano del suo convivente, Lucian Stan, un quarantenne arrestato e attualmente in custodia cautelare, come ha dettagliatamente ricostruito il procuratore capo di Gela, Salvatore Vella, in una conferenza stampa carica di dolore e di determinazione.
Le prime ricostruzioni delineano un quadro di violenza inaudita, un atto efferato consumato all’interno delle mura domestiche, un’agghiacciante rappresentazione di una relazione degradata e distorta.
L’omicidio non è stato un evento isolato, bensì l’esito di una spirale di abusi e maltrattamenti protrattisi nel tempo.
Gli inquirenti, i magistrati e i carabinieri del comando provinciale di Caltanissetta hanno chiarito come la condotta violenta dell’indagato fosse una realtà consolidata, seppur silenziosa.
La vittima, per ragioni complesse e spesso legate alla paura, all’umiliazione e alla dipendenza emotiva, non aveva mai sporto denuncia, perpetuando un ciclo di sofferenza che ha avuto un tragico epilogo.
Lucian Stan, nel tentativo disperato di celare la sua responsabilità, ha tentato di manipolare la scena del crimine, cercando di eliminare tracce inequivocabili.
Il suo comportamento, tuttavia, non si è limitato a questo; ha cercato di intimidire connazionali che erano a conoscenza della dinamica relazionale, rivelando un’ulteriore sfaccettatura del suo carattere violento e della sua volontà di controllo.
La collaborazione della comunità romena, però, si è rivelata fondamentale per l’avanzamento delle indagini, dimostrando come la solidarietà e la consapevolezza possano essere armi potenti nella lotta contro la violenza di genere.
Durante l’interrogatorio, Stan ha tentato di edulcorare la sua colpevolezza, proponendo una versione inverosimile di un “incidente domestico” scatenato dall’abuso di alcol da parte della vittima.
Un’alibi fragile e inconsistente, smentito fin da subito dagli investigatori, i quali hanno immediatamente disposto l’autopsia sul corpo di Veronica Abaza.
L’esame medico-legale ha confermato inequivocabilmente la natura criminale dell’atto, fornendo elementi cruciali che hanno portato all’arresto e all’accusa di omicidio.
L’evento ha acceso un faro sulla situazione locale, rivelando un quadro preoccupante: nel 2023, la procura gelese ha aperto circa 150 procedimenti per stalking e minacce nei confronti di donne.
Un dato allarmante che sottolinea la necessità di rafforzare la prevenzione, la sensibilizzazione e il supporto alle vittime di violenza, promuovendo una cultura del rispetto e dell’uguaglianza che sappia contrastare ogni forma di discriminazione e maltrattamento.
La morte di Veronica Abaza non può rimanere un evento isolato, ma un monito per costruire un futuro in cui la sicurezza e la dignità di ogni donna siano inviolabili.