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Sanità nelle Marche: resilienza a rischio, rinunce in aumento

Le Marche, regione con una storia di resilienza e una forte identità culturale, si confrontano con dinamiche complesse nel sistema sanitario regionale.

I dati più recenti, emersi dall’VIII Rapporto della Fondazione Gimbe, dipingono un quadro a sfumature contrastanti: sebbene l’aspettativa di vita alla nascita, con 84,2 anni, superi la media nazionale (83,4), una quota significativa della popolazione, il 10,6% (oltre 157.000 persone), dichiara di aver rinunciato ad almeno un’assistenza sanitaria.
Questo dato, in aumento di 0,9 punti percentuali rispetto al 2023, riflette una tendenza nazionale allarmante, dove circa un cittadino su dieci, a fronte di una riduzione complessiva di 13,1 miliardi di euro destinati alla sanità negli ultimi tre anni, si trova a dover rinunciare alle cure necessarie a causa di barriere economiche o strutturali.

Il peso finanziario ricade sempre più sulle famiglie, con una media di 41,3 euro a carico di ciascuna, mentre il personale sanitario, in particolare infermieri, si trova in una situazione di carenza cronica.

Un elemento positivo è rappresentato dall’evoluzione dei finanziamenti per la sanità regionale.

Nel 2023, le Marche avevano ricevuto una quota pro-capite di 2.125 euro dal Fondo Sanitario Nazionale, un incremento di 66 euro rispetto alla media nazionale, ma inferiore a quest’ultima (71 euro).
Nel 2024, tuttavia, si è registrato un’inversione di tendenza, con una quota pro-capite di 2.207 euro, superiore alla media italiana (2.181 euro).
Questo dato suggerisce un tentativo di compensare le criticità preesistenti, ma solleva interrogativi sulla sua reale efficacia nel mitigare le rinunce alle cure.

Un’analisi approfondita del personale sanitario rivela una situazione più confortante.

Nel 2023, le Marche hanno potuto contare su 13,4 unità di personale sanitario ogni mille abitanti, superando significativamente la media nazionale (11,9).

Questa superiorità si manifesta sia nella disponibilità di medici (2,05 ogni mille abitanti contro 1,85 a livello nazionale) che di infermieri (5,53 infermieri dipendenti ogni 1.000 abitanti contro 4,7), con un rapporto medico-infermiere pari a 2,7, leggermente superiore alla media italiana (2,54).
Questo dato, sebbene positivo, non garantisce automaticamente l’accesso equo alle cure, poiché può essere influenzato da una distribuzione disomogenea del personale sul territorio regionale.

L’implementazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) rappresenta un’opportunità cruciale per rafforzare l’assistenza territoriale, ma i progressi sono disomogenei.
A giugno 2025, delle 29 Case della Comunità previste, 20 avevano attivato almeno un servizio, con 5 che hanno completato l’attivazione di tutti i servizi obbligatori, inclusa la presenza di medici e infermieri.
Le Centrali Operative Territoriali risultano pienamente funzionanti e certificate al 100%.

Al contrario, l’attivazione degli Ospedali di Comunità, nove in programma, risulta ferma: nessuna struttura è stata dichiarata operativa dalla Regione, evidenziando un ostacolo significativo nel potenziamento dell’assistenza territoriale e nella riduzione degli accessi impropri al pronto soccorso.

Questa impasse solleva interrogativi sulle capacità gestionali e sull’efficacia degli interventi programmati, richiedendo un’analisi approfondita delle cause e l’adozione di misure correttive urgenti per garantire il raggiungimento degli obiettivi prefissati.

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