Un corteo vibrante e contestato ha attraversato Sanremo ieri sera, segnando un’ulteriore espressione di dissenso nei confronti del conflitto israelo-palestinese e delle sue implicazioni globali.
Circa trecento persone, riunite in Piazza Colombo, hanno dato vita a una manifestazione per la Palestina libera, un evento che ha generato un acceso dibattito e sollevato interrogativi sulle dinamiche politiche e sociali in gioco.
La protesta, iniziata nel tardo pomeriggio, si è articolata in un percorso che ha coinvolto Corso Garibaldi e la pista ciclabile, culminando a Pian di Nave.
Gli slogan intonati, a volte polemici, riflettevano una profonda preoccupazione per le violenze che affliggono la regione e per le conseguenze umanitarie del conflitto.
Frasi come “Sionismo è reato” e “Giù le mani dai bambini” denunciavano, con toni accesi, le responsabilità percepite e invocavano un cambiamento radicale nella situazione.
La presenza di un nutrito gruppo di forze dell’ordine ha garantito la sicurezza dell’evento, che, nonostante l’intensità emotiva degli interventi, si è svolto pacificamente.
Un elemento significativo è stata la partecipazione personale del vicesindaco di Sanremo, Fulvio Fellegara, in rappresentanza del suo gruppo civico, Generazione Sanremo.
La sua presenza, in una manifestazione così polarizzata, ha evidenziato la complessità del panorama politico locale e la volontà di alcuni rappresentanti di confrontarsi con le istanze provenienti dalla società civile.
Un elemento centrale del messaggio dei manifestanti è stata l’esortazione al “Boycott, Divestment and Sanctions” (BDS), una campagna internazionale che mira a esercitare pressione economica e politica su Israele attraverso il boicottaggio dei prodotti israeliani e il disinvestimento da aziende che operano in Cisgiordania e Gerusalemme Est.
Questa strategia, controversa e spesso criticata, è vista dai sostenitori come uno strumento per promuovere i diritti umani, la giustizia e la fine dell’occupazione palestinese.
La manifestazione di Sanremo si inserisce in un contesto più ampio di crescente attivismo pro-Palestina a livello globale, un fenomeno alimentato dalla diffusione di informazioni e immagini attraverso i social media e dalla crescente consapevolezza delle disuguaglianze e delle ingiustizie che affliggono la regione.
L’evento ha riacceso il dibattito sull’etica della responsabilità politica, sui limiti della libertà di espressione e sulla necessità di trovare soluzioni pacifiche e durature al conflitto israelo-palestinese, un obiettivo che, al momento, appare ancora lontano.